Il penultimo atto di questa serie dedicata a come investire seguendo la teoria del global market portfolio fa tappa nel mondo obbligazionario emergente. Un misto di reddito fisso e rischio azionario quanto a volatilità degli strumenti, che dovrebbe offrire all’investimento un premio adeguato per compensare potenziale default e svalutazioni di Paesi emergenti con garanzie di stabilità, almeno per parte di essi, inferiori a quelle offerte dai più maturi Paesi in via di sviluppo.
La teoria del global market come sappiamo rappresenta una fotografia di come allocano i propri capitali gli investitori mondiali e osservando i dati recenti abbiamo subito una sorpresa. Non sono le obbligazioni cosiddette hard currency (ovvero le emissioni governtive in valute forti come dollaro e euro) a rappresentare la maggioranza di quel 6% destinato ai bond emergenti, ma sono invece quelle emissioni in valuta locale e corporate bond.
Infatti solo lo 0,8% del portafoglio globale è coperto con obbligazioni statali in valute forte, ma paradossalmente il numero dei prodotti destinati a questa asset class dalle principali case di investimento è molto superiore alle altre due, corporate e local currency che si dividono il resto della posta del global market portfolio.
La soluzione ideale per replicare questo tipo di struttura diventa quindi quella di dividere in due l’investimento con un peso del 3% per ciascun asset, utilizzando ETF che investono in corporate emergenti (spesso comunque entità parastatali) emessi in valute forti e per il resto ETF che vanno su local currency governative.
Obbligazioni emergenti: due gli ETF da selezionare
Nel primo caso esistono diversi strumenti utili per raggiungere lo scopo. iShares Emerging Market Corporate Bond a cambio aperto ad un costo annuo di 0,5% permette di investire nel settore societario emergente anche in modalità accumulazione. Sempre la classe consigliata soprattutto per chi investe piccoli importi.
La diversificazione geografica è garantita con il primo paese per peso che è la Cina (8%), seguita da Brasile (6%), Hong Kong e Messico (5%). Presenti all’interno dell’ETF anche diverse emissioni dei paesi del Golfo Persico come UAE e Arabia Saudita con poco più del 4% a testa.
La presenza di entità parastatali è notevole con Saudi Aramco, Petrobras, Pemex, Sands China ai primi posti per emittente in un paniere comunque ben diversificato, visto che il primo emittente (Ecopetrol) ha un peso del 2,2%. Oltre un quarto del paniere è rappresentato da bond emessi da agenzie parastatali, mentre il 43% proviene dal settore industriale.
Passando al secondo tassello da 3% che dovrebbe essere utilizzato per presidiare il mercato obbligazionario emergente, SPDR Bloomberg Emerging Market Local Bond è una buona soluzione ad accumulazione che al costo di 0,55% all’anno presidia il segmento delle obbligazioni statali local currency.
Tanta Asia con Malesia, Indonesia, Corea del Sud, Cina e Tailandia che occupano i primi posti per esposizione geografica e valutaria con oltre il 40% del totale. In questo caso la presenza di emissioni statali offre all’investitore la possibilità di ottenere un rendimento tassato al 12,5% rispetto al caso precedente visto che le emissioni private hanno cedole e plusvalenze tassate al 26%.
Proprio il settore corporate è quello che negli ultimi 5 anni ha saputo fornire i rendimenti superiori con un +17% di performance complessiva che contrasta il +5% di ETF che investono in titoli di Stato emessi sia in valute forti che in local currency.
Con questo articolo si chiude il portafoglio obbligazionario del global market. Due mini tasselli, quelli delle obbligazioni emergenti, che possono però fornire un extra rendimento nel lungo periodo a condizione di mantenere l’investimento nel tempo utilizzando strumenti ad accumulazione per reinvestire le ricche cedole all’interno degli stessi strumenti sfruttando l’effetto della capitalizzazione composta degli interessi.
Come investire seguendo la teoria del Global Market Portfolio
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