Le azioni value hanno fortemente sovraperformato quelle growth nel 2022. La ragione è derivata dal fatto che queste ultime erano diventate particolarmente costose dopo anni di rally determinato da tassi d'interesse molto bassi. Dopo la grande crisi del 2008, le Banche centrali hanno schiacciato verso lo zero il costo del denaro (
Lehman Brothers: il più grande fallimento bancario della storia). Ciò ha comportato che le aziende tecnologiche e innovative, che investono molto prendendo a prestito denaro, hanno tratto vantaggio da bassi oneri di finanziamento. Allo stesso modo i flussi reddituali a scadenze lontane derivanti dagli investimenti hanno incrementato la valutazione delle aziende, perchè attualizzati a tassi più contenuti. La conseguenza è stata che gli investitori hanno preferito le azioni legate alla crescita piuttosto che quello relative al valore.
Lo scorso anno, però, l'inflazione più alta degli ultimi 40 anni ha spinto gli istituti monetari ad alzare i tassi in maniera aggressiva,
penalizzando i titoli growth e rilanciando quelli value. La differenza di rendimento tra le due tipologie è risultata la più alta dallo scoppio della bolla dot-com di inizio millennio (
Bolla Dot-com: storia del sogno infranto del nuovo mercato).
Meglio le azioni growth o le azioni value nel 2023?
Questa sovraperformance, hanno evidenziato gli strategist di JP Morgan, non è destinata a durare. Il team guidato da Mislav Matejka ha affermato in una nota che il "value trade sta iniziando a perdere la sua lucentezza: gli investitori nei prossimi due mesi potrebbero completamente sottopesare il value rispetto ai growth". In sostanza, gli operatori di mercato stanno iniziando a scontare una politica monetaria più aggressiva che potrebbe far perdere slancio all'attività economica e portare a una recessione. "Con rendimenti vicini al picco e inflazione in stallo, il contesto economico e dei tassi è meno positivo per le azioni value", puntualizza JP Morgan.
Quindi, in un orizzonte temporale di due o tre anni, gli analisti della più grande banca del mondo (
Banche: le 10 più grandi del mondo per capitalizzazione) si aspettano che i titoli più economici siano più interessanti rispetto ai peer growth, ma quest'anno "una performance tecnologica migliore rispetto a quella emersa nel 2022 garantirebbe che il fattore value non sia vincente". Attualmente, comunque, gli esperti mantengono una posizione neutrale sul valore in confronto alla crescita.
L'opinione di JP Morgan è in contrapposizione rispetto a quella di BlackRock Investment Institute, secondo cui le azioni value possono riprendere la loro corsa visto che le principali Banche centrali manterranno i tassi più alti per un periodo di tempo più lungo di quanto si attende il mercato. "L'inflazione ostinatamente elevata probabilmente porterà gli investitori a chiedere maggiori compensi per la detenzione di titoli di Stato a lungo termine, spingendo i rendimenti più in alto", riporta una nota. Quindi, "i maggiori costi di finanziamento riducono il valore dei flussi di cassa futuri, pesando maggiormente sui growth".