Bolla Dot-com: storia del sogno infranto del nuovo mercato | Investire.biz

Bolla Dot-com: storia del sogno infranto del nuovo mercato

23 set 2020 - 07:00

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Era il 10 marzo del 2000 quando il NASDAQ dopo anni di continui rialzi improvvisamente crollò. La caduta non fu una cosa temporanea. Cosa successe? Vediamolo insieme

Negli ultimi tempi la gran parte degli opinionisti dibatte sulla valutazione raggiunta da parte delle aziende tecnologiche a Wall Street. Secondo alcuni le società sono solide e ben capitalizzate, quindi esiste ancora margine di crescita. Altri invece evocano la bolla internet dei primi anni 2000, trovando delle similitudini tra gli hi-tech di oggi e le Dot-com di vent'anni fa. Ripercorriamo allora quello che successe in quegli anni rivivendo tutte le fasi che vanno dall'euforia per il nuovo mercato alla depressione per un sogno infranto.

 

Dot-com: il prologo

L'avvento di Internet nel mondo sconvolse i mercati. Tutto ebbe origine nel 1994 con la quotazione in Borsa di Netscape, la società che introdusse il primo browser per il Web. Questo diede vita a quella che fu definita la New Economy e spianò la strada per la creazione e lo sviluppo di molte compagnie operanti nel settore informatico, denominate Dot-com companies.

Verso la fine degli anni '90 molti percepirono che in atto vi era una rivoluzione autentica e cominciarono a investire in quel settore. Le aziende spuntavano una dietro l'altra, favorite dalla possibilità di accedere a finanziamenti a tassi di interesse molto bassi. Basti pensare che in 4 anni, precisamente tra il 1995 e il 1999, la FED ridusse il costo del denaro portandolo dal 6% al 4,75%.

Il 5 agosto 1997 il Presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, fornì alle Dot-com un assist straordinario firmando il Taxpayer Relief Act. Secondo questo documento, venivano ridotte le tasse sui capital gain dal 28% al 20% per gli assets che venivano tenuti in portafoglio per più di 18 mesi, mentre l'aliquota sui dividendi rimaneva invariata. Questo sicuramente incoraggiava quelle società come le Dot-com che pagavano pochi o nessun dividendo, ma che offrivano prospettive di aumento della quota azionaria in futuro.

 

Dot-com: come maturò la bolla

Il più delle volte le Dot-com erano società con un unico socio, con capitali esigui e che tenevano prezzi iper concorrenziali. Tutto ciò perché contavano sul fatto che ben presto avrebbero preso delle quote di mercato notevoli. Scommettevano in sostanza sul futuro nella convinzione che la costruzione di un marchio forte avrebbe potuto ripagare tutti i debiti e determinare profitto per chi aveva creduto nel progetto aziendale.

Gli investitori furono attratti dalla nuova tendenza in atto e impiegarono ingenti somme nelle Dot-com senza effettuare la minima valutazione sul rapporto tra il valore effettivo delle azioni e gli utili societari.

Dal 1997 al 2000 i corsi azionari di tali società crebbero enormemente e il NASDAQ, dove confluirono gran parte delle Dot-com, raggiunse il 10 marzo del 2000 il suo apice a 5.132 punti mettendo a segno in 5 anni una performance del 400%. Le quotazioni erano alimentate dagli organi di stampa di prestigio come Forbes e WSJ che pompavano le valutazioni di queste società con titoli sui giornali mirabolanti.

Inoltre molti dipendenti a cui venivano assegnate le quote azionarie nella fase iniziale non potevano vendere prima di un certo periodo e questo contribuiva a sostenere le quotazioni. I patrimoni dei fondatori crebbero enormemente, soprattutto quando le loro società vennero acquisite durante la fase iniziale della bolla.

 

Dot-com: lo scoppio della bolla

A marzo del 2000 però successe qualcosa. Gran parte dei bilanci pubblicati dalle società informatiche delusero il mercato, istillando negli investitori il fortissimo dubbio che l'investimento effettuato potesse non essere profittevole.

A quel punto, per paura di perdere i profitti realizzati nell'arco di molti anni, gli operatori cominciarono a vendere in massa facendo precipitare brevemente le quotazioni azionarie. Il NASDAQ perse in soli tre giorni il 9%.

La tempesta di vendite continuò nei mesi a seguire e molte Dot-com furono costrette a chiudere o furono acquisite da parte di altre società più grosse. Una delle più promettenti era Pets.com che fallì completamente il 9 novembre del 2000, solo 9 mesi dopo l'IPO. Cysco System dovette fare i conti con una capitalizzazione squartata dalle vendite che portarono il valore azionario a ridursi dell'86%. Mentre Netscape, che si può dire fu il pioniere della bolla internet, fu venduta ad Aol poco prima del crollo. Diverse aziende furono accusate o condannate per frode nei confronti degli azionisti, mentre alcune grandi società d'investimento come Citigroup e Merrill Lynch furono multate dalla Securities and Exchange Commission per aver fuorviato gli investitori nelle scelte d'investimento.

Ad aggravare la situazione la notizia che il Giappone era andato in recessione e soprattutto l'attacco alle Torri Gemelle avvenuto l'11 settembre del 2001. Verso la fine del 2002 il NASDAQ aveva perso il 78% del suo valore dalla quotazione massima raggiunta durante il picco e ora valeva 1.114 punti. Nell'arco di due anni furono bruciati 5 trilioni di dollari di capitalizzazione di mercato. Dopo quattro anni dallo scoppio della bolla internet meno della metà delle società tecnologiche erano ancora quotate al NASDAQ, ma esprimevano delle valutazioni azionarie di pochi centesimi.

 

Dot-com: chi si salvò dalla tempesta

Le società più attrezzate però non solo sopravvissero alla tempesta ma poi riuscirono ad organizzarsi e a rappresentare dei capisaldi che oggi reggono tutto il settore hi-tech quotato al NASDAQ.

Una di queste è Amazon. Il gigante e-commerce passò da un valore massimo di 107 dollari durante l'apice della bolla a 7 dollari quando la stessa si sgonfiò. Poi però iniziò una cavalcata strepitosa che la lanciò nell'Olimpo delle società più profittevoli di Wall Street. Infatti oggi la società guidata da Jeff Bezos vanta un valore azionario di più di 3.000 dollari. La strategia a quei tempi di Amazon era quella di investire risorse per crearsi una base di clienti attraverso campagne di marketing aggressive, nella consapevolezza che una volta creato un background i frutti sarebbero venuti.

Google, come Amazon, non ebbe profitti nei primi anni dal momento che investì molto per acquistare attrezzature sempre più potenti in modo da reggere il suo motore di ricerca che diventò poi il più utilizzato dagli utenti.

Ebay invece riuscì a fondersi con Yahoo il 15 marzo del 2000, esattamente cinque giorni dopo il crollo del NASDAQ. Il valore delle azioni del sito di vendite online passò da un massimo di 13,42 dollari nella prima settimana di marzo di quell'anno a un minimo di 3 dollari alla fine dell'anno. Oggi Ebay quota 48,40 dollari.

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