La storia delle Borse è stata spesso segnata da bolle più o meno note, alcune delle quali davvero strane e stravaganti. Una bolla si confeziona quando i prezzi delle azioni salgono in maniera ingiustificata a livelli che poco hanno a che vedere con i fondamentali delle aziende. Le cause possono essere diverse, ma le bolle hanno in comune il fatto che nel momento in cui avvengono gli investitori sono letteralmente invasi da uno stato di eccitazione incontrollabile che manda in secondo piano la ragione.
Proprio il verificarsi delle bolle nelle Borse ha spinto grandi economisti e investitori come
John Maynard Keynes a diffidare della teoria delle solide fondamenta delle azioni per sposare quella dei castelli in aria. L'economista riteneva che il prezzo vero di una azione non dipende dai suoi fondamentali, ma da quanto in un dato momento il mercato è disposto a pagare per acquistarla.
Le bolle sarebbero la conferma di questa teoria in quanto la follia collettiva produce l'effetto di pagare un prezzo nella convinzione che qualcun altro sia disposto a pagarne uno più alto. Sulla base di questo concetto, spesso sono andate in scena bolle assurde, senza alcuna sostanza reale. Vediamone di seguito alcune tra quelle poco note.
Bolla dei Mari del Sud
All'inizio del diciottesimo secolo la febbre degli investitori interessò la Borsa britannica con la bolla dei Mari del Sud. Tutto partì dalla creazione della Compagnia dei Mari del Sud nel 1711 con lo scopo di farsi carico del debito governativo in cambio di avere l'esclusiva dei traffici nei mari in cui la società avrebbe esercitato la propria attività. Quanto bastò per attirare gli investitori che si precipitarono in massa ad acquistare le azioni della compagnia.
In poco tempo le quotazioni delle azioni balzarono da poche sterline a oltre 1.000 sterline, in quanto le persone che avevano acquistato i titoli di Stato garantiti dalla compagnia li scambiarono con le azioni della stessa. La platea di soggetti che comprava era diffusa. Metà del parlamento inglese partecipò alla festa.
In un contesto di euforia generale, molte società spuntarono con le idee più stravaganti quotandosi in Borsa. Agli investitori tutto questo sembrava non importare e si acquistava di tutto. Quando però si scoprì un
buco enorme e irrimediabile nella Compagnia dei Mari del Sud nell'agosto del 1920, scattò il dietrofront, prima con la vendita da parte dei direttori e dei dipendenti della società, poi con quella di tutti gli altri investitori. Il crollo delle azioni fu inevitabile e in poco tempo contagiò tutte le altre società, con perdite enormi per coloro che ci avevano creduto (
Bolla dei Mari del Sud: storia del grande crack finanziario del '700).
Tronic boom
All'inizio degli anni '60 del secolo scorso a Wall Street si gonfiò la bolla dell'elettronica, che venne denominata "tronic boom". Come lo stesso nome suggerisce, si trattò di un'euforia generale relativa al mondo dell'elettronica. In quel periodo venivano fatti progressi importanti nell'ambito della conquista dello spazio e tutto ciò che aveva a che fare con il mondo elettronico faceva presa sugli investitori. Di conseguenza, bastava che le aziende avessero nella denominazione qualcosa di elettronico affinché il mercato comprasse le azioni, indipendentemente da cosa realmente facessero tali aziende.
Furono molte le società che prima di debuttare a Wall Street ribattezzarono il nome e la mossa ebbe un grande successo nei primi tempi. Al punto che i collocatori avevano non il problema di vendere tutte le azioni, ma di riuscire a ripartirle tra gli investitori invasati. L'ebbrezza del mercato durò un paio di anni, fino al 1962, allorché gli investitori si resero conto che dietro quelle aziende votate all'elettronica c'era davvero poca sostanza (
Tronic boom: ecco la storia della bolla dell'elettronica anni '60).
La bolla delle azioni concettuali
Vendere un tema alla moda è stato spesso caratteristico di Wall Street e intorno a ciò si sono formate anche delle bolle. Ma vendere un concetto ha un qualcosa di bizzarro. Alla fine degli anni '60 salì la febbre delle azioni concettuali. Fu trovato l'argomento per accendere la fantasia degli investitori, che bramavano per acquisire le azioni sulla scorta di un decennio di prosperità economica.
Un esempio eclatante fu quello della National Student Marketing, che proponeva un modello aziendale rivolto a un mercato giovane. In termini vaghi, si prefissava di soddisfare i bisogni delle classi di età più basse. Il suo fondatore, presidente e maggiore azionista, Cortes W. Randell, più che un gestore era un promotore, in quanto passava gran parte del tempo a incontrare i gestori dei fondi o a colloquiare al telefono con essi per convincerli a investire nella società.
La bolla delle Eleganti 50
Chi pensa che una bolla abbia quasi sempre ad oggetto aziende più o meno disastrate che sono sopravvalutate dal mercato è smentito da quanto accadde all'inizio degli anni '70 con la bolla delle Eleganti 50. Le eleganti 50 erano così chiamate le blue chips di Wall Street e includevano nomi eccedenti come IBM, Disney, McDonald's, Polaroid e Hewlett-Packard.
All'epoca si credeva che queste società avrebbero continuato a crescere anche se i prezzi erano ben oltre gli utili attesi. Furono più che altro i grandi investitori come gestori patrimoniali, fondi pensione, banche e assicurazioni ad alimentare la bolla, accumulando pacchetti di azioni delle società più capitalizzate della Borsa americana.
Essi contavano sul fatto che nessuno li avrebbe mai accusati di imprudenza per un acquisto sbagliato nelle migliori aziende di Wall Street. Tuttavia,
i multipli alle stelle riportarono tutti alla realtà, quando gli shock petroliferi misero in ginocchio l'economia mondiale scatenando un sell-off generalizzato delle azioni in Borsa (
Bolla delle Eleganti 50: storia della frenesia dei primi anni '70).