Tra le bolle più stravaganti che si ricordino nella storia di Wall Street ve n'è una assolutamente di prima scelta: la bolla delle azioni concettuali. Verso la fine degli anni '60, i fondi di investimento cominciarono a pubblicare sistematicamente ogni mese le loro prestazioni e per attirare gli investitori pensarono ad azioni aventi alle spalle storie eccitanti e credibili, che agissero di impatto per il mercato senza che quest'ultimo avesse modo di pensare a cosa sarebbe successo in futuro.
Si trattava di una cosa simile ma allo stesso tempo diversa dei fondi tematici. Era simile perché si basava in qualche maniera sulla moda del momento (tema e concetto andavano di pari passo). Era diversa perché i fondi tematici costruiscono la loro storia su quello che può succedere da ora in avanti, guardando quindi anche al futuro, mentre le azioni concettuali puntano a far riconoscere subito la storia senza preoccuparsi del domani. Anche se la storia non era credibile, la cosa importante doveva essere che l'investitore credesse nella disponibilità degli altri a comprare quella storia stessa e quindi le azioni.
Bolla delle azioni concettuali: come si sviluppò
Per raffigurare come si sviluppò la bolla delle azioni concettuali, è utile portare gli esempi di due aziende. Il primo è quello della National Student Marketing, fondata da Cortes W. Randell che era anche presidente nonché il suo maggiore azionista. Il concetto qui era semplice: "aziende giovani per un mercato giovane". In pratica, la società si proponeva di specializzarsi nel soddisfare i bisogni dei giovani.
La maggior parte del tempo Randell lo trascorreva incontrando i gestori dei fondi o chiamandoli al telefono per vendere il concetto come un promotore finanziario. La National Student Marketing cominciò a ingrandirsi attraverso fusioni con aziende che in qualche modo avevano a che vedere con il mercato dei giovani ventenni, ossia che vendevano magliette, dischi, poster e tutto ciò che li potesse attirare. La tecnica utilizzata ebbe successo immediato e tra il 1968 e il 1969 le azioni della National Student Marketing intrapresero un rally straordinario che le portò a un massimo di 35,25 dollari con un multiplo price/earnings di 117. Alla fine del decennio, il titolo poté contare su 31 possessori istituzionali.
Un altro esempio molto calzante era quello della Minnie Pearl, una catena di fast food in franchising, specializzata nel pollo fritto che si era messa in testa di fare concorrenza alla Kentucky Fried Chicken. Per sedurre gli investitori, l'azienda fu ribattezzata come Performance Systems, proprio per fare leva sul fatto che sarebbe stata in grado di generare performance. Grazie alla partecipazione di 13 fondi istituzionali, durante il biennio caldo '68-69 il titolo in Borsa raggiunse i 23 dollari. Multiplo? Non c'era multiplo, perché la società non produceva uno straccio di utile.
Il crollo
Molte azioni concettuali avevano multipli folli in quel periodo, che superavano tranquillamente quota 100. Questo significa che una volta presa coscienza della realtà, un ritorno a valori normali (15-20) innescò uno sfracello dei prezzi in Borsa. E così avvenne, infatti. Nel 1970 le azioni National Student Marketing crollarono fino a sotto 1 dollaro, perdendo praticamente il 98% del loro valore. Ancora peggio fecero le azioni di Performance Systems che affondarono del 99% a pochi centesimi.
Erano molte le ragioni che spiegavano quei multipli assurdi. Innanzitutto, le aziende crescevano in Borsa a un ritmo fuori controllo a causa di una follia collettiva senza senso. In secondo luogo, i bilanci delle società erano segnati da una montagna di debiti che ponevano seri problemi di sostenibilità di fronte a una crescita non adeguata. In terzo luogo, i manager più che a gestire l'azienda si preoccupavano di promuoverla e a volte sconfinavano nella frode. Randell della National Student Marketing infatti fu incriminato per truffa e frode contabile e si dichiarò colpevole scontando 8 mesi di carcere.