MPS scende in Borsa dell'1,5% nei primi scambi a Piazza Affari. Oggi si terrà la riunione del Consiglio di Amministrazione della banca senese, che sembrerebbe aver convinto gli investitori a
sottoscrivere un impegno per circa 500 milioni di euro per l'aumento del capitale. Non tutti ancora hanno firmato, ma già questo è un grosso passo avanti per rassicurare il consorzio di garanzia delle banche. Infatti,
Mediobanca, Credit Suisse, BofA e Citi si accolleranno fino a 400 milioni di inoptato, in conformità con l'accordo siglato a giugno nel memorandum di pre-underwriting.
La condizione che avevano chiesto gli istituti di credito era che vi fosse un impegno formale da parte degli investitori a partecipare alla ricapitalizzazione. Adesso, dopo mille difficoltà, pare
si sia trovata finalmente una quadra, con la firma della garanzia bancaria che potrebbe essere già posta oggi prima che il CdA deliberi l'integrazione del prospetto informativo. Poi domani la
Consob riceverà tale prospetto per l'approvazione, che dovrebbe avvenire entro venerdì 14 ottobre.
Se tutto dovesse andar bene, verrà rispettata la road map programmata dall'Amministratore delegato Luigi Lovaglio, con l'avvio dell'aumento di capitale lunedì 17 ottobre. Al più, ci potrebbe essere un rinvio di una settimana e non come si era vociferato in questi giorni di due mesi o addirittura al primo trimestre 2023.
Ricapitalizzazione MPS: chi sono gli investitori
Chi sono gli investitori che hanno sottoscritto gli impegni? Sicuramente della lista fa parte Axa, la compagnia assicurativa partner di Rocca Salimbeni, che metterà sul piatto 150 milioni di euro. L'altro investitore molto vicino a Lovaglio, Anima Holding, per il momento rimane ai box in quanto sta negoziando questioni commerciali con la banca. Altri nuovi soci in arrivo potrebbero essere il fondo Algebris, il fondo Hosking Partners e l'investitore Denis Dumont, che avevano già sostenuto la ricapitalizzazione di Creval. A questi si aggiungeranno fondazioni e casse previdenziali.
Manca ancora un cavaliere bianco per la privatizzazione, ma per quello ci sarà tempo. Il Tesoro avrà due anni, nel rispetto degli impegni presi con l'Europa, per cedere il 64% della sua quota. Gli istituti che possono farsi avanti sono diversi: da
UniCredit, che riallaccerebbe i rapporti con lo Stato dopo il fallimento degli accordi alla fine dello scorso anno, a
Intesa Sanpaolo, a
Banco BPM.
MPS: l'importanza dell'aumento di capitale
L'aumento di capitale di MPS porrebbe fine a una vera odissea e sarebbe
l'ottavo negli ultimi 15 anni. Il colpo di coda di queste ultime ore è importante perché sembrava ormai che la procedura dovesse andare in fumo, per la scarsa convinzione degli investitori e la ritrosia delle banche ad accollarsi il rischio dell'inoptato senza un minimo di garanzia. Si era parlato ieri di
altre due alternative: o un rinvio dell'aumento o uno switch debito-azioni. Le due soluzioni davano però il tono di una mossa disperata di fronte all'impotenza di un piano che Lovaglio aveva elaborato da tanto tempo. Tutto questo senza escludere la
possibilità di un Burden Sharing, come avvenuto nel 2017.
"Tutte le tessere si stanno incastrando, si parte", ha comunicato il MEF alle agenzie di stampa. E sembra stavolta che si parta per davvero con la vendita delle azioni, divenuta obbligatoria per la violazione dei criteri minimi civilistici e di vigilanza. Sarà importante chiudere entro novembre, perché bisognerà far fronte a 800 milioni di euro per coprire l'esodo agevolato di circa 3.500 dipendenti che sfrutteranno la proposta di uscita anticipata.