Oracle è sotto pressione sui mercati finanziari. Mentre le azioni hanno perso oltre il 40% dal massimo storico toccato a 345 dollari a settembre, il costo dei Credit Default Swap, le polizze per proteggersi dal default delle obbligazioni della società di software americana, è più che triplicato, salendo all’1,28% rispetto ai soli 0,36 punti percentuali di giugno 2025 (dati ICE Data Services). Si tratta della cifra più alta raggiunta dal costo dei CDS sui bond Oracle da marzo 2009 ed è sulla buona strada per arrivare al massimo storico del 2008, appena sopra i due punti percentuali.
A settembre Oracle ha venduto 18 miliardi di dollari in obbligazioni per finanziare i suoi investimenti nell’intelligenza artificiale, ma questa espansione del debito ha messo in apprensione gli investitori, timorosi che una bolla AI possa scoppiare da un momento all’altro. In particolare, gli operatori di mercato percepiscono che il tempo necessario affinché i massicci investimenti nella nuova tecnologia si traducano in un incremento dei profitti aziendali si stia allungando.
Oracle conta di ricevere centinaia di miliardi di dollari da OpenAI nei prossimi anni, dopo un grande accordo siglato nei mesi scorsi sui data center legati all’AI. Ma anche qui il rischio è elevato, perché la startup americana guidata da Sam Altman si è impegnata complessivamente per circa 1.400 miliardi di dollari, in gran parte finanziati con debito. Questo significa che, se qualcosa dovesse andare storto, tutte le società tecnologiche che hanno siglato partnership con OpenAI, inclusa Oracle, rischierebbero perdite enormi.
Oracle: avanza lo spettro delle dot-com
La situazione debitoria di Oracle e l’andamento dei CDS legati alle sue obbligazioni sono lo specchio di quanto sta avvenendo oggi nel mercato del debito americano in rapporto al boom dell’intelligenza artificiale: quanto basta per far emergere lo spettro delle dot-com. Alcune dinamiche ricordano quelle di 25 anni fa, quando si gonfiò una gigantesca bolla sulle aziende Internet, poi deflagrata miseramente a marzo del nuovo millennio. “Abbiamo già avuto questi cicli in passato”, ha dichiarato Hans Mikkelsen, strategist di TD Securities. “Non posso dimostrare che sia la stessa cosa, ma sembra quanto abbiamo visto, per esempio, durante la bolla dot-com”.
L’esperto prevede che le emissioni di obbligazioni investment grade negli Stati Uniti raggiungeranno un record di 2.100 miliardi di dollari nel 2026, rispetto ai 1.570 miliardi attuali, secondo i dati compilati da Bloomberg News. Questo significa che, per attirare gli investitori, le aziende dovranno offrire rendimenti più alti. Di conseguenza, salirà il costo del debito e quello per coprirsi attraverso i CDS.
Secondo gli strategist di Citigroup, Daniel Sorid e Matthew Jacob, “gli investitori sono sempre più preoccupati per quanta nuova offerta possa esserci all’orizzonte”, sottolineando come “l’impatto di questa esitazione sulle propagazioni del settore sia stato piuttosto notevole”. A loro giudizio, “la capacità dei detentori di obbligazioni aziendali di cogliere il potenziale rialzo derivante dal boom dell’AI è limitata”. Giocoforza, “se le aziende continueranno a spendere pesantemente per tenere il passo con gli investimenti in intelligenza artificiale, i gestori di denaro potrebbero vedere peggiorare la qualità creditizia dei loro investimenti in debito”.