Il mercato obbligazionario potrebbe indebolirsi con le ingenti spese legate all'intelligenza artificiale. È quanto riporta uno studio di Morgan Stanley, secondo cui sia negli Stati Uniti sia in Europa le grandi emissioni obbligazionarie potrebbero portare a un eccesso di offerta, con il rischio di un crollo dei mercati.
La banca d'investimento americana sostiene che Big Tech come Alphabet e Meta Platforms continueranno a vendere titoli nel 2026 per finanziare data center e infrastrutture AI e che entro il 2028 le aziende tecnologiche, su scala globale, potrebbero ricorrere al debito fino a 1.500 miliardi di dollari per lo stesso scopo.
Il fatto che le grandi società dispongano di bilanci solidi e di una significativa capacità di ottenere finanziamenti sul mercato implica che possano offrire premi di emissione per attrarre gli investitori. Questo induce altre aziende a eguagliare i rendimenti, facendo salire i costi di finanziamento, hanno avvertito gli analisti di Morgan Stanley.
Un allarme simile è stato lanciato da Matthew Bailey, strategist di JP Morgan Chase, preoccupato che “un'ondata di finanziamenti per i data center possa causare un’indigestione dell'offerta, in particolare in dollari, ma con i mercati in euro che assorbiranno anche parte delle esigenze di finanziamento”.
Secondo le sue stime, solo Alphabet, Meta, Amazon, Microsoft e Oracle avranno esigenze di spesa in conto capitale di circa 570 miliardi di dollari nel 2026, in forte aumento rispetto ai 125 miliardi del 2021. Nel frattempo, UBS Group prevede un’offerta totale di debito tecnologico superiore a 900 miliardi di dollari il prossimo anno.
Intelligenza artificiale: le spese si tradurranno in profitti?
Il problema principale per gli investitori, in questo momento, è avere rassicurazioni sul fatto che gli investimenti nell'intelligenza artificiale generino maggiori ritorni in termini di ricavi e utili. Questo è stato l’aspetto più osservato nell’ultima stagione delle trimestrali, con dati nel complesso abbastanza confortanti.
Tuttavia, quest’anno il Massachusetts Institute of Technology ha pubblicato un rapporto secondo cui il 95% delle società non ottiene alcun ritorno dai progetti di intelligenza artificiale generativa. Si tratta di un dato poco incoraggiante, che contribuisce a delineare prospettive ancora poco chiare.
Tracy Chen, gestore di portafogli di Brandywine Global Investment Management, ha affermato che, pur apprezzando i titoli asset-backed dei data center grazie ai fondamentali di credito stabili, esiste il rischio legato a una “monetizzazione futura”, ovvero alla capacità effettiva delle spese AI di generare entrate sufficienti. L’esperto ha inoltre aggiunto che c'è un “rischio di rifinanziamento se il mercato macroeconomico dovesse destabilizzarsi”.
Secondo Jon Lahraoui e Hugo Richardson, rispettivamente sviluppatore della piattaforma del credito globale e strategist del credito investment grade presso l’hedge fund Man Group, “un eccesso di offerte da parte di emittenti di qualità inferiore nel settore dell’AI potrebbe risultare eccessivo per i mercati”. La frenesia degli hyperscaler prosegue, ma “restiamo vigili sulle future esuberanze dell’AI”, hanno aggiunto.