Quello di oggi è un articolo che avevo scritto in estate e che purtroppo avevo dimenticato nel cassetto. A volte però proprio da certe dimenticanze si hanno delle conferme importanti, con il senno di poi. Come spesso mi piace dire, ci sono segnali contrarian interessanti e da monitorare.
La chiusura di un ETF quotato da oltre un decennio da parte di L&G (Legal and General) e focalizzato sulla Borsa cinese, sembra una chiara evidenza dello scarso interesse da parte del mercato verso l’azionario cinese dopo i fasti degli anni scorsi culminati con diversi lanci di nuovi prodotti, azionari ed obbligazionari. Un ETF, L&G MSCI China A, che dal 2014 non ha mai scaldato i cuori degli investitori chiude.
L&G MSCI China A: bene la diversificazione, male i costi
Con appena 13 milioni di masse amministrate, la casa di gestione ha dovuto prendere atto dell’antieconomicità dello strumento e ordinarne il delisting. ETF oltretutto carissimo (0,88% il TER) e che dal lancio aveva raccolto una performance del 95%, con un però deludente -8% negli ultimi 5 anni.
ETF ben diversificato quanto a numeri di società nel paniere che aveva come obiettivo la replica dei titoli cinesi A più grandi e liquidi denominati in Renminbi e quotati sulla Borsa valori di Shenzhen e/o Shanghai. All’indice, che evidentemente non ha appassionato gli investitori, si è poi aggiunto l’eterno confronto con un ETF analogo di iShares. A parità di indice replicato il concorrente di L&G ha praticamente sempre fatto meglio arrivando ad avere quasi 10 punti percentuali di vantaggio se consideriamo gli ultimi 10 anni di performance.
Oltre alla moda conta comunque anche la capacità di gestione e questo ETF di L&G non ha brillato zavorrato dagli altri costi. La tendenza alla chiusura di ETF correlati alla Cina non è però un fatto nuovo.
ETF Cina: sono diversi i prodotti chiusi
Negli ultimi 12 mesi sono state diverse le decisioni di delisting. Global X ha chiuso tre ETF cinesi settoriali e collegati ai settori biotech, energie pulite e cloud computing. KraneShares ha chiuso un ETF azionario e uno dedicato all’obbligazionario cinese. E sempre gli scadenti rendimenti e una valuta non certamente esaltante hanno spinto State Street ad archiviare un ETF China Government Bond.
Una situazione che per certi versi potremmo vedere fra qualche mese anche sugli asset obbligazionari indiani (Il pessimo affare degli ETF in bond indiani), lanciati in pompa magna nell’universo ETF ma poi piombati nell’oblio a causa del crollo della valuta locale.
Gli investitori non sono disposti a tollerare a lungo performance scadenti lo sappiamo.
Il disinteresse che ha mostrato il mercato per la Cina, pensiamo anche alle nuove emissioni di ETF emergenti ex China per andare incontro alla domanda di molti investitori preoccupati del peso dominante della Borsa cinese su questi indici, rappresenta un primo importante tassello per assistere alla ripresa di un mercato azionario che ha promesso tanto ma mantenuto poco. Almeno fino a poco tempo fa.
Il poderoso rally delle ultime settimane potrebbe essere un chiaro messaggio. Sarà il prossimo l’anno del Dragone?