La rupia indiana affonda e contro euro supera addirittura quota 100. Siamo di fronte ad una divisa che sta perdendo pezzi costringendo la Banca centrale a valutare interventi sul mercato forex. Questo per arginare la fuga degli investitori con la svalutazione che potrebbe rovinare l’ottimo lavoro di contenimento dell’inflazione realizzato finora e che ha consentito a RBI (Reserve Bank of India) di tagliare i tassi di interesse per ridare vigore alla crescita.
La guerra dei dazi con gli Stati Uniti (che hanno alzato barriere tariffarie al 50%) e l'avvicinamento del premier Modi a Cina e Russia, rischiano di far finire la rupia ancora più nella tempesta.
Gli ETF sulle obbligazioni indiane
L’ingresso delle obbligazioni indiane nei principali indici obbligazionari emergenti e soprattutto mondiali l’anno passato ha creato le premesse per numerose quotazioni di ETF che investono proprio nelle obbligazioni del paese asiatico. Tre solamente nel 2024 gli ETF emessi da società di gestione primarie come Amundi e iShares e addirittura sette sono oggi gli ETF quotati in Europa in versione accumulazione e distribuzione.
A parte l’ETF di L&G India Inr Government Bond che supera i 500 milioni di euro di masse amministrate, tutti gli altri faticano a raggiungere i 50 milioni di euro con addirittura tre strumenti sotto quota 20.
Le performance di questi prodotti che promettevano ritorni incredibili soprattutto grazie alle ricche cedole dei bond statali indiani sono pessime da inizio anno e oscillano tra -9% e -13%. L’unico ETF (di L&G) con una storia superiore ai 3 anni ad oggi è ancora in negativo del 8% in versione totale return.
I bond indiani fanno peggio nel triennio dei già deficitari bond europei e questo la dice lunga sul catastrofico andamento di una valuta che da inizio anno ha perso oltre il 15% spot, sommando negatività a quella in doppia cifra dell’anno passato.
La scheda dell’ETF di iShares India INR Government Bond quotato in Germania e Olanda ci dice che ad oggi questo strumento contiene una trentina di emissioni con duration di 6,2 e rendimento a scadenza con numero simile alla duration (6,2%) e che per gli investitori italiani godrebbe anche di un beneficio fiscale risultando gli interessi accumulati nell’ETF tassati al 12,5% al momento del realizzo. Considerando i costi annuali di questi prodotti che si aggirano mediamente attorno a 0,4%, il ghiotto piatto cedolare deve però anche tenere conto di una valuta che finora ha annullato ogni beneficio.
Rupia: focus sulle mosse della RBI
Perso il confronto con i bond europei, perso quello con l’inflazione, agli investitori non resta che confidare in una stabilità dei tassi in India nei prossimi mesi combinata ad una rivalutazione della rupia magari grazie ad un sopirsi delle tensioni commerciali e geopolitiche.
L’aspetto forse più preoccupante degli ultimi mesi della rupia è quello di aver completamente ignorato il calo del prezzo del petrolio, materia prima di cui l’India è grande importatore e che in passato ha sempre vantato una correlazione inversa con la forza della rupia, moneta invece indebolita da una riduzione del differenziale di rendimento soprattutto con gli Stati Uniti.
Solo un cambio di atteggiamento della FED (a settembre i tassi dovrebbero essere tagliati) e uno stop nel ribasso dei tassi indiani con un clima di maggiore serenità sul fronte dazi potrebbe rimettere sulla giusta carreggiata la rupia indiana, una valuta che comunque oggi può essere investita tranquillamente con gli ETF evitando l’onere (e gli spread) di acquisti fai da te sul mercato.