Non rappresenta certamente uno dei mercati azionari più “pesanti” all’interno degli indici emerging markets, ma il Brasile è indubbiamente il rappresentante più importante di quell’area Latam che comprende anche Messico, Argentina, Colombia e Cile tanto per citare i paesi più rilevanti.
Con il suo 5% di peso all’interno degli indici Msci, le azioni brasiliane sono ben lontane dalle doppie cifre percentuali che caratterizzano Cina, Taiwan e India, ma per la sua qualità di Paese produttore di materie prime è anche un termometro del ciclo economico globale molto importante.
Di recente il mercato azionario ha subito la pressione di vendite innescate da ripetuti rialzi nei tassi da parte della locale Banca centrale (fino al 15%), attività compiute nell’intento di arginare l’inflazione e la svalutazione del real.
Il Banco do Brasil rilancia l'azionariato carioca
Obiettivo riuscito per la divisa che ha fermato la sua discesa a quota 7 BRL per 1 EUR, mentre l’inflazione fatica a rientrare. Nell’ultima riunione la Banca centrale (Banco Central do Brasil: origini, storia, sviluppo e funzioni) ha però comunicato che comincerà adesso un periodo di stabilità per comprendere le conseguenze della decisione sui tassi.
Notizia ben accolta dai mercati azionari che hanno ripreso quella crescita che da inizio 2025, prima timidamente e poi in modo più convinto, sta prendendo corpo. Peccato che a rovinare al festa ci abbia pensato l'immancabile Trump annunciando dazi del 50% sull'importi di merci brasiliane.

Come vediamo dal grafico dell’ETF Xtrackers Msci Brazil, a fine anno scorso questo strumento espresso in euro è stato protagonista di un minimo esattamente in corrispondenza della up trend line che guida il rialzo dell’ultimo decennio. Il rimbalzo che sta prendendo corpo è stato aiutato da una valuta real in recupero e da un ipervenduto che aveva raggiunto livelli considerevoli.
Vedere un ETF che recupera i massimi storici del 2008-2010, solo sfiorati nel 2019 e nel 2024, non mi pare oggi un’ipotesi così fuori dal mondo per uno strumento che dal suo lancio nel 2007 ha guadagnato appena il 15%. E che la Borsa brasiliana sia sottovalutata lo dicono anche i fondamentali. Il rapporto prezzo utili sotto a 10 e prezzo valore di libro a 1,6 ne sono la conferma. Ovviamente l'incognita dazi rallenta il recupero e una nuova gamba di ribasso sarebbe un'opportunità di ingresso.
Con un peso di finanziari del 40% seguito da vicino da petroliferi+minerari con il 27% di peso, l’indice brasiliano è indubbiamente esposto al ciclo economico globale ma anche a quello delle varie politiche monetarie. Come quella finora restrittiva della FED che per un Paese che fa molto debito in dollari come il Brasile non è certamente il massimo quanto a scenario di contorno.
Rimango comunque fiducioso ed interessato al mercato brasiliano alla luce della sua conformazione grafica. La reazione dai minimi è in corso e la Banca centrale difficilmente alzerà di nuovo i tassi. Già da sola questa potrebbe essere una notizia in grado di risollevare le depresse quotazioni della Borsa sudamericana che potrà anche contare sull’avvio di una politica più distensiva nei tassi anche negli Stati Uniti probabilmente a partire da settembre. Tutto ciò al lordo di Trump e della trade war che purtroppo rischia di sparigliare le carte.