L’11 settembre 2001 una serie di attacchi terroristici culminati con l’abbattimento delle Torri Gemelle a New York, ha profondamente cambiato il corso degli eventi di inizio secondo millennio e cancellato quasi 3.000 vite nel giro di pochi istanti. Ripercorriamo insieme quei momenti e l’impatto sui mercati finanziari.
11 settembre 2001: l’impatto sui mercati finanziari
La mattina dell’11 settembre 2001 i mercati finanziari si ritrovarono improvvisamente in guerra. Quando quel martedì alle ore 8:46 di New York il volo American Airlines 11 si schiantò sulla Torre Nord del World Trade Center, l’apertura di Wall Street venne rinviata, per poi essere cancellata dopo l’impatto del volo United 175 sulla Torre Sud, alle 9:03.
Rimase chiuso anche il NASDAQ, che nel marzo dell’anno precedente aveva toccato il culmine della bolla di fine millennio. L’edificio del NYSE venne evacuato, così come le altre istituzioni finanziarie di Wall Street e delle principali città statunitensi. Si fermarono anche le negoziazioni sulle obbligazioni, dal momento che uno dei colossi del trading su bond, Cantor Fitzgerald, aveva sede proprio nelle Torri Gemelle.
Sui mercati valutari si assistette ad un crollo del dollaro USA, mentre l’oro – il bene rifugio per eccellenza nei momenti di incertezza - passò da 215 dollari a quasi 300 dollari l’oncia. La Federal Reserve intervenne immediatamente, iniettando nel sistema 300 miliardi di dollari di liquidità nelle tre giornate successive agli attacchi.
Il NYSE e il NASDAQ rimasero chiusi fino a lunedì 17 settembre 2001, in quella che fu la più lunga serrata dai tempi della Grande Depressione. Il giorno della riapertura il Dow Jones lasciò sul terreno il 7,1%, segnando un nuovo record di perdite in una seduta.
Ma ancor più colpite furono le compagnie aeree, in particolare quelle dei voli dirottati dai terroristi di Al-Qaeda, con United Airlines che il 17 settembre in chiusura precipitò del 42% mentre American Airlines del 39%. Il settore assicurativo fu costretto a pagare oltre 40 miliardi di dollari di indennizzi, trascinando in bancarotta alcune compagnie.
11 settembre 2001: l’impatto e il recupero degli indici di Borsa
INDICI |
Performance % Dall’11/09/2001 |
Drawdown Torri Gemelle |
S&P 500 |
312 |
-32,18 |
NASDAQ 100 |
804,3 |
-45,77 |
DJIA |
263,21 |
-27,64 |
DAX |
266,8 |
-57,87 |
FTSE Mib |
-11,16 |
-40,75 |
NIKKEI 225 |
195,17 |
-29,13 |
Dopo il crash causato dall’attacco terroristico la ripresa delle Borse fu però molto rapida, segnando una “V” simile a quella vista nelle prime fasi della pandemia di Coronavirus a marzo 2020. Buona parte del merito fu della Banca centrale USA, che inondò il mercato di liquidità tagliando i tassi.
L'indice principale di Borsa Italiana, il FTSE Mib, negli ultimi vent'anni è uno dei pochi al mondo a non aver ancora superato i livelli pre-Torri gemelle, mostrando invece (al netto dei dividendi) una performance negativa di circa l’11%.
Ma cosa succede se si contano i dividendi? Gli indici "Total Return" in Italia sono resi disponibili dal FTSE Russell soltanto a partire dal 2009. Per ovviare al problema si potrebbe dunque utilizzare il future sull’indice FTSE Mib, che al suo interno include il flusso cedolare.
Ma anche qui c’è un problema: il future è calcolato solamente dal 2004, dunque mancherebbero ancora circa 3 anni di serie storica per poter calcolare la performance da tragico giorno dell’11 settembre. Si potrebbe dunque utilizzare il vecchio FIB, il future calcolato sull’ex MIB 30, come serie storica da unire a quella del future più recente che parte dal 2004.
Rettificando la serie storica per i rollover trimestrali, ecco che al 10 settembre 2001 il valore del nostro FTSE Mib risulta pari a 19.121 punti. È una soluzione approssimativa ma certamente può fornirci un’idea di quanto gli investitori siano stati premiati nel corso degli ultimi 20 anni.
Oggi il future sul FTSE Mib (scadenza settembre 2021) vale 25.625 punti, dunque la performance negli ultimi 20 anni compresa dei dividendi è pari al 34,01%, rendimento che ci consente di dire che il FTSE Mib Total Return, ribadendo l’approssimazione dei calcoli, ha ampiamente superato il crollo delle Twin Towers, fatto che il grafico che ignora i dividendi non può evidentemente mostrare.
Una performance che resta però ben sotto alle performance di molti altri indici come il DJIA, che ha guadagnato il 263%, l’S&P 500 (312%) e il NASDAQ 100, che ha archiviato una performance di oltre l’800%. Decisamente meglio anche il DAX (+266%) e il Nikkei 225 (+195%).
Borsa Italiana dall’11 settembre: tutti i peggiori crolli di Piazza Affari
Venendo invece ai crolli, se si considera solo il movimento ribassista da settembre 2001 fino al bottom prima della ripresa durata per anni fino alla successiva crisi del 2008, è il DAX che ha sofferto maggiormente tra gli indici azionari (-57,87%). Seguono il NASDAQ 100 (-45,77%) in scia allo scoppio della bolla dot com e il FTSE Mib (-40,75%).
Più specificatamente, per l’indice di Borsa Italiana dopo il crollo causato dallo scoppio della pandemia di Coronavirus bisogna tornare indietro al 24 giugno 2016, quando all'indomani del voto favorevole al referendum sulla Brexit l'indice milanese aveva lasciato sul terreno il 12,46%.
Andando ancora più indietro, nemmeno la crisi dello spread BTp-Bund dell'autunno 2011, con il differenziale schizzato oltre quota 500 punti e le dimissioni dell'ultimo governo Berlusconi, aveva visto ribassi come quello causato dallo scoppio della pandemia di Covid-19. Alla conclusione degli scambi, l'11 novembre il FTSE Mib aveva perso il 6,8%.
Bisogna invece tornare alla crisi Lehman Brothers, la Grande Crisi del 2008, per vedere Piazza Affari in affanno come oggi, con l'indice milanese che il 6 ottobre 2008 si era fermato a -8,24%. Leggermente meno pesante il passivo di Piazza Affari l'11 settembre 2001, il giorno dell'attentato alle Torri Gemelle, con un -7,47% in chiusura.
11 settembre 2001-2021: quali erano e quali sono le 5 maggiori società per market-cap
Abbiamo visto l’impatto e la ripresa dei principali indici azionari mondiali dopo l’attacco terroristico alle Torri Gemelle, ma cosa è successo alle singole azioni? Torniamo indietro nel tempo e osserviamo quali erano nel 2001 le società a maggior market cap e confrontiamole con quelle attuali.
ANNO |
2001 |
2021 |
Posizione |
Società |
Market cap In miliardi di $ |
Società |
Market cap In miliardi di $ |
1 |
General Electric |
398,22 |
Apple |
2565,00 |
2 |
Microsoft |
358,05 |
Microsoft |
2260,00 |
3 |
ExxonMobil |
267,59 |
Alphabet (Google) |
1930,00 |
4 |
Citigroup |
259,90 |
Saudi Aramco |
1862,00 |
5 |
Walmart |
256,50 |
Amazon |
1790,00 |
6 |
Pfizer |
250,13 |
Facebook |
1068,00 |
7 |
Intel |
210,40 |
Tesla |
758,71 |
8 |
Royal Dutch Shell |
206,34 |
TSMC |
634,77 |
9 |
Vodafone |
166,95 |
Berkshire Hathaway |
632,91 |
10 |
Cisco Systems |
132,83 |
Tencent |
626,11 |
Come si può notare dalla tabella, nel 2001 General Electric, Microsoft ed ExxonMobil erano le tre più grande società per capitalizzazione di mercato ai tempi dell’attacco alle Twin Towers, rispettivamente con 398, 358 e 267 miliardi di dollari di market-cap.
Dopo 20 anni l’azienda fondata dal miliardario Bill Gates si trova ancora al secondo posto, ma oggi vanta 2.260 miliardi di dollari di capitalizzazione di mercato. In testa Apple, guidata da Tim Cook, mentre in terza posizione Alphabet, la holding che controlla Google, rispettivamente con 2.565 e 1.930 miliardi di dollari di market-cap.