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Il ceo Markus Braun è finito in manette per avere truccato i conti della società;
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Nel 2003 ci fu un caso simile in Italia con Parmalat, anche allora si crearono conti inesistenti;
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Il titolo Wirecard rimbalza in Borsa, ma molti pensano che il rialzo non durerà.
Wirecard nella bufera. Il ceo e primo azionista Markus Braun è stato arrestato dalla polizia di Monaco di Baviera presso cui si era consegnato ieri sera. Sulla sua testa pende l'accusa di aver gonfiato le poste in bilancio per fare risultare un fatturato maggiore, con lo scopo di ingannare i clienti e gli investitori.
Braun aveva rassegnato le sue dimissioni dall'azienda venerdì scorso dopo aver mosso, nei giorni precedenti, una denuncia contro ignoti per presunta frode ai danni della società. Nella giornata di ieri, Wirecard aveva diramato un comunicato dove ammetteva che il conto di 1,9 miliardi di euro a copertura del buco rilevato dai revisori al bilancio non esisteva. Da qui la società ha ritirato il bilancio preliminare 2019 e il rendiconto del primo trimestre 2020, in quanto non certificati.
Ora nell'occhio del ciclone è finita anche BaFin, l'Autorità federale di vigilanza finanziaria tedesca. Le accuse rivolte verso la Consob tedesca si basano sull'eccessiva compiacenza avuta nei confronti della Fintech. Soprattutto quando ha preso le difese a spada tratta di Wirecard contro un'inchiesta giornalistica del Financial Times, che metteva in dubbio la regolarità dei conti aziendali riguardo alcune banche filippine.
Addirittura Davide Serra, il fondatore di Algebris, società di gestione del risparmio britannica, ha definito BaFin un regolatore della Repubblica delle banane, perché o Wirecard non ha mai fatto profitti e quindi ha messo in piedi un'autentica truffa, oppure i soldi sono stati rubati dal management.
Wirecard e la similitudine con il caso Parmalat
La vicenda di questi giorni di Wirecard ha fatto correre la memoria degli investitori italiani all'indietro, riportandola a quasi 20 anni fa quando la cronaca finanziaria e i relativi scandali interessarono un gioiello del Made in Italy: Parmalat. All'epoca l'azienda di Collecchio controllata dalla famiglia Tanzi occultò un buco di 14 miliardi di euro, dando vita al più grande crac finanziario mai avvenuto in Europa.
Per fare questo il patron Callisto Tanzi si affidò all'avvocato Gian Paolo Zini e al direttore finanziario Fausto Tonna. I due si inventarono un conto della controllata Bonlat, con sede alle Cayman, presso la Bank of America. In questo modo fecero apparire una liquidità di 3,9 miliardi di euro per attirare i finanziamenti delle altre banche. Così il debito si accumulò facendo leva su un conto inesistente.
Il raggiro venne alla luce verso fine 2003, con le banche che si manifestarono vittime di una truffa, esattamente come oggi sta accadendo con i creditori di Wirecard. Per il momento le banche non hanno fatto scattare le clausole di chiusura anticipata chiedendo il rimborso del credito, mentre i vertici societari stanno disperatamente trattando con altri istituti di credito per tenere ancora in vita l'azienda.
L'epilogo però sembra quasi scontato; molti aspetti di tutta la vicenda riaccendono un flash su molti casi simili che sono avvenuti nel passato più o meno recente e che si sono conclusi con un triste compimento.
DAX: cosa succede alla Borsa di Francoforte
Dopo il drammatico tracollo dei giorni scorsi, oggi le azioni Wirecard quotate alla Borsa di Francoforte sono rimbalzate e stanno facendo segnare un guadagno del 24%. La sensazione della maggior parte degli operatori però è che trattasi del classico rimbalzo del gatto morto.
Il futuro della società è in bilico e le incertezze sulle azioni che possono intraprendere i creditori fanno pensare che i prossimi giorni potrebbero essere all'insegna delle vendite. Molto dipenderà anche dalle società di rating che a breve potrebbero calare la mannaia sul merito creditizio di una compagnia che fino a oggi giudicavano investment grade.
Moody's ha già ritirato il rating sulle obbligazioni Wirecard, vista l'insufficienza informativa. Già questo sarebbe un segnale della piega che potrebbe prendere la faccenda e che inevitabilmente condizionerebbe i creditori.
In questo contesto anche l'indice DAX potrebbe essere influenzato dai cali in Borsa di Wirecard. Già il paniere tedesco ha dovuto subire le pressioni dalla crisi di Lufthansa, che ha annunciato lo smantellamento di 22 mila lavoratori e che ora mette a rischio anche il salvataggio statale. Questo è valso alla compagnia aerea l'uscita dal Dax a partire dalla giornata di ieri 22 giugno.