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Altro crollo in Borsa per Wirecard dopo l'affondo di ieri. Sospeso il direttore operativo;
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Le banche asiatiche prendono le distanze dalla società di Markus Braun e la accusano di disonestà;
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Gli analisti vedono nero per il futuro dell'azienda e per le quotazioni in Borsa del titolo.
Ancora giornata di passione per Wirecard nella Borsa di Francoforte. Dopo il -62% di ieri, oggi le azioni della Fintech perdono un altro 43% del loro valore. E anche le obbligazioni sono sprofondate nell'abisso. A seguito di questo disastro, la prima testa a cadere è stata quella del direttore operativo Jan Marsalek, sospeso fino al 30 giugno. Verrà sostituito da James Freis, già a capo del nuovo dipartimento che la società aveva messo in piedi per assicurare legalità e conformità all'azienda. L'ex COO avrebbe cercato di recuperare gli 1,9 miliardi di cash spariti dal bilancio, con l'ausilio di banche e amministratori fiduciari asiatici; ma a quanto pare senza successo. Questa potrebbe essere la ragione ufficiale del suo allontanamento.
Fatto sta che ancora rimane un mistero su dove siano andati a finire questi soldi mancanti. La società ha avvertito in una nota che tutta la faccenda potrebbe essere appianata e i prestiti garantiti se il bilancio sottoposto a revisione non dovesse essere pubblicato entro venerdì. Ma è molto improbabile che i creditori accettino il procrastino di questa vicenda senza richiamare i prestiti.
Nell'occhio del ciclone è finito ovviamente il principale azionista e AD, Markus Braun. Fino ad ora è riuscito a resistere alle pressioni sulle sue dimissioni e in questi giorni non ha perso lo spirito battagliero. Durante la notte il CEO ha ribadito che la società potrebbe essere vittima di una frode da parte di persone che sono ancora sconosciute; per questo verrà presentato un reclamo contro ignoti. Ad ogni modo il contatto con i revisori contabili di Ernst&Young rimane costante e il problema dei prestiti, a suo dire, potrebbe essere risolto presto.
L'affondo delle banche filippine
Le banche asiatiche coinvolte nella vicenda sembrano decisamente prendere le distanze da Wirecard. Nella mattinata di oggi, la più grande banca filippina, BDO Unibank, ha dichiarato per bocca del suo AD Nestor Tan che la società di Markus Braun non è nemmeno un cliente della banca e che trattasi di un partner disonesto che ha falsificato le firme.
Accuse pesanti che avranno inevitabilmente delle ripercussioni su tutta l'inchiesta in corso e quindi sull'umore degli investitori. Soprattutto se a rincarare la dose vi sono altri istituti di credito. In una nota la Bank of the Philippine Islands accusa Wirecard di continuare a indagare sulla questione senza essere mai stato depositante della banca.
Wirecard: da Silicon Valley tedesca a incubo senza fine?
La favola del gioiellino di Ascheim sta per finire? Da una start-up, Markus Braun è riuscito nel tempo a portarla nell'olimpo delle blue chip di Francoforte. Tanto che l'applicazione di pagamenti online di Wirecard è stata adottata dai più prestigiosi marchi mondiali, come il re del discount Aldi. Ma quel denaro che doveva essere depositato nei conti asiatici e che sembra essersi volatilizzato scombina tutte le carte.
Quei fondi servivano per coprire la finestra temporale che va dal momento in cui avviene il pagamento al negozio a quello in cui il denaro viene trasferito dalle carte di credito all'azienda. Se i fondi non ci sono, si crea un buco che come si è visto non ha lasciato indifferente il mercato.
Secondo Wolfgang Donie, analista di NordLB, la situazione generale è insopportabile e questo scandalo mette seriamente a repentaglio l'esistenza dell'azienda stessa. Gli short-seller hanno già mandato in fumo 8 miliardi di capitalizzazione nella giornata di ieri e, visto l'andamento odierno, il prossimo futuro dell'azienda si preannuncia essere tutt'altro che facile. La giornata di oggi suona come una deadline. Staremo a vedere.