La parabola delle criptovalute in questi giorni ha seguito abbastanza fedelmente quella dei mercati azionari, mostrando una certa correlazione positiva. Questo stride con quanto molti vanno sostenendo, ovvero che le valute digitali possano rappresentare una forma di copertura del portafoglio durante i momenti di crisi. Tale considerazione ha preso forza durante il periodo nero della pandemia, dove le azioni sono crollate e le cripto hanno realizzato un rally.
Senza contare circostanze eccezionali come può essere stato il Covid-19, si può tranquillamente sostenere che, almeno negli ultimi tempi, le vendite dei due asset seguono un andamento parallelo. La ragione probabilmente sta anche nel fatto che molti trader, per coprire le perdite contratte sulle azioni, liquidano le posizioni in profitto dei portafogli digitali.
I nuovi scenari che ora si vanno delineando mettono gli investitori di fronte al dilemma se continuare a puntare sulle criptovalute, oppure se optare per altri strumenti meno volatili e rischiosi. In realtà esistono ancora ragioni che fanno propendere per l'acquisto e altre che invece suggeriscono di non investire, vediamole.
Criptovalute: perché comprare
Il mondo delle criptovalute è cambiato negli anni. Fino a 3 anni fa vi era Bitcoin a dominare la scena, oggi invece sono spuntate migliaia di altre monete virtuali che usano le tecnologie più disparate. Cardano, Solana, Uniswap e le meme come Dogecoin e Shiba Inu sono salite alla ribalta ultimamente, attirando l'interesse degli investitori di tutto il mondo, anche di una certa risma istituzionale.
Per non parlare dei Non Fungible Token e di altre cripto utilizzate come gioco. Questo è segnaletico di un appeal crescente che fa pensare come difficilmente il castello costruito finora possa crollare da un momento all'altro.
Gli investitori istituzionali come hedge fund, fondazioni e grandi pool di capitali hanno sempre più aumentato l'esposizione nei token digitali, come conferma un sondaggio di Fidelity. Secondo le rilevazioni della società finanziaria infatti, oltre il 50% degli intervistati tra i grandi investitori ha dichiarato di possedere valute digitali in portafoglio, mentre oltre il 75% dei professionisti di Europa e Asia e il 60% di quelli americani hanno affermato di volerne acquistare altre.
La vera sfida per il futuro probabilmente sarà quella del riconoscimento istituzionale da parte dei Governi. El Salvador ha fatto da apripista, rendendo Bitcoin moneta a corso legale. Se altri Paesi lo seguiranno allora vorrà dire che si sarà fatto un passo forse decisivo verso la direzione giusta.
Criptovalute: perché vendere
L'aspetto più negativo proviene dalla Cina. Non solo perché Pechino ha deciso di mettere al bando la blockchain vietando anche le transazioni e gli investimenti, ma perché da lì proveniva la maggior parte del mining a livello mondiale. Bisognerà vedere se ci sarà effettivamente uno spostamento della capacità estrattiva verso altri Paesi, ma soprattutto se questi non decideranno di seguire lo stesso esempio del Dragone.
Ad ogni modo sulle criptovalute incombe un problema di regolamentazione. La Security and Exchange Commission sta cercando di interagire con il Tesoro degli Stati Uniti per mettere in piedi un quadro regolamentare che disciplini gli scambi, la modalità di tenuta, il prestito e tutto ciò che ruota intorno non solo alle criptovalute, ma anche alle stablecoin (link3).
Un'ulteriore considerazione va fatta sulla volatilità e sulla liquidità. La politica estremamente accomodante della Fed in questi anni ha fatto confluire una grande quantità di denaro in ogni tipo di asset, comprese le criptovalute.
Questo ha permesso ai prezzi di mantenersi a livelli sostenuti per lungo tempo. Il ritiro del denaro in circolazione dal mercato, che impatto potrà avere? È possibile che questo accentui le oscillazioni, rendendo l'investimento ancora più rischioso? Sono domande che ovviamente contengono già una risposta.