I prezzi del petrolio oggi hanno messo in atto un rally di sollievo, rimbalzando di oltre 1 punto percentuale dopo tre giorni in cui sono scivolati a livelli che non si vedevano dai tempi del Covid-19. Nel momento in cui si scrive, le quotazioni del Brent si aggirano intorno ai 65 dollari al barile, mentre i futures sul West Texas Intermediate viaggiano sui 61,50 dollari.
I mercati provano a respirare un po' dopo gli ultimi giorni burrascosi in cui la guerra commerciale tra gli Stati Uniti e i Paesi di tutto il mondo si è fatta più aspra. La sensazione, però, è che la tregua non durerà molto. Il presidente americano Donald Trump ha ribadito che non si farà influenzare dai mercati e ha minacciato la Cina - principale consumatore mondiale di petrolio - di ulteriori dazi del 50%.
Questi si aggiungerebbero alla tariffa base del 20% e ai
dazi reciproci del 34%. Alla fine, le merci cinesi esportate nel territorio statunitense arriverebbero a costare più del doppio rispetto al loro prezzo depurato dalle tasse. Dal canto suo, Pechino ha dichiarato di essere disposta ad andare fino in fondo.
Anche l'Unione europea si è messa sul piede di guerra e sta pianificando una risposta corposa alle misure trumpiane del 2 aprile che hanno stabilito prelievi per i beni di importazione europei del 20%. Il Giappone, colpito da un'aliquota del 24%, e la Gran Bretagna, assoggettata al 10%, invece hanno scelto la strada del dialogo con Trump per trovare un accordo.
I dazi comunque non sono l'unico fattore a mettere sotto pressione i prezzi del petrolio. A contribuire alle vendite più recenti anche la decisione dell'OPEC+ di aumentare l'offerta oltre le previsioni del mercato. Fino ad oggi, le quotazioni del greggio sono state tenute a galla dal taglio dell'output da parte dei grandi Paesi esportatori che costituiscono il cartello, di fronte a un rallentamento della domanda cinese. Ora i membri dell'alleanza temono di perdere quote di mercato con la crescita delle esportazioni dello scisto americano.
Petrolio: Goldman Sachs vede i prezzi sotto 40 dollari
Gli analisti nutrono una certa preoccupazione per le dinamiche assunte dai prezzi del petrolio nelle ultime settimane e sono diventati più pessimisti per i prossimi mesi. Goldman Sachs ritiene che "in uno scenario più estremo e meno probabile di un rallentamento del PIL globale e una completa riduzione dei tagli dell'OPEC+, che disciplinerebbe l'offerta non-OPEC, il Brent scenderà di poco sotto i 40 dollari al barile alla fine del 2026". Ipotizzando invece uno scenario di "tipica recessione", la banca americana stima un calo dei prezzi del petrolio del Mare del Nord a 58 dollari il prossimo dicembre e a 50 dollari nello stesso mese del prossimo anno.
I rischi sono inclinati al ribasso anche per gli analisti di ING, che in una nota hanno avvertito circa la probabilità di assistere a un'ulteriore escalation della guerra commerciale. "È improbabile che la Cina inverta la sua politica. Ciò non farà che esacerbare le preoccupazioni per la crescita e per la domanda di petrolio", hanno scritto.
Dello stesso tenore sono le considerazioni di Chris Weston, capo della ricerca presso Pepperstone Group a Melbourne, secondo cui "il rischio di recessione non potrà che aumentare – e la percezione della domanda globale di petrolio diminuirà – a meno che non si sentano alcuni segnali di Trump che lavora con l'UE o la Cina in modo più costruttivo".