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Dazi reciproci: cosa sono e come funzionano

28 mar 2025 - 09:00

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Gli Stati Uniti applicheranno dei dazi reciproci a partire dal prossimo 2 aprile. Ecco una guida di cosa siano, dei Paesi coinvolti e di quali effetti produrranno

Il 2 aprile 2025 sarà una data importante perché scatteranno i dazi reciproci del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump. L'inquilino della Casa Bianca ha descritto questo momento come "il Giorno della Liberazione", intendendo che il popolo americano si libererà di alcune condizioni svantaggiose nei rapporti commerciali con gli altri Paesi, inclusa l'Europa.
 
Dando seguito a quanto sbandierato durante la campagna elettorale, il tycoon ha imposto una serie di prelievi sulle importazioni americane relativamente a una serie di prodotti e, in alcuni casi, a tutte le merci. Ad esempio, nei confronti della Cina, ha stabilito dazi generalizzati del 10% a febbraio, elevandoli al 20% un mese dopo.
 
Riguardo acciaio e alluminio, ha introdotto tariffe del 25% per tutti i Paesi. Mentre le tasse del 25% su tutti i prodotti in entrata nel territorio americano da Canada e Messico che dovevano entrare in vigore a partire dal 4 marzo, sono state congelate per un mese.
 
Dal 2 aprile partiranno anche le tariffe del 25% sulle auto, senza risparmiare nessuno. Ma lo stesso giorno scatteranno altresì i dazi reciproci. Di cosa si tratta effettivamente? Qual è il loro funzionamento? Quali sono le implicazioni che ne derivano? E quali Paesi saranno coinvolti? Di seguito daremo la risposta a queste e ad altre questioni.
 
 
 

Dazi reciproci: cosa sono e quali obiettivi perseguono

I dazi reciproci sono tariffe che si riferiscono a misure adottate da entrambe le parti in un commercio bilaterale. In pratica, se un Paese ha stabilito imposizioni fiscali sulle importazioni di beni provenienti da un altro Paese, quest'ultimo a sua volta fa lo stesso con le merci importate da quello Stato.
 
Nella fattispecie delle tariffe reciproche in vigore dal 2 aprile, gli Stati Uniti le applicheranno in maniera personalizzata per ogni partner, secondo una copia di un memo distribuito dalla Casa Bianca.
 
L'obiettivo è quello di compensare innanzitutto le tariffe già presenti imposte da una nazione sulle merci statunitense, ma anche di compensare altri fattori che gli USA ritengono svantaggiosi per i produttori americani.
 
Tra questi fattori si possono annoverare: i sussidi statali alle proprie imprese considerati ingiusti nell'ambito della competitività internazionale con le aziende statunitensi; le norme sui dati personali; le imposte sul valore aggiunto; i tassi di cambi gestiti (o manipolati secondo il giudizio americano); le protezioni relative alla proprietà intellettuale.
 
In sostanza, Trump sostiene che le pratiche di molti partner commerciali degli Stati Uniti comportino un vantaggio competitivo per gli altri a scapito della produzione americana. Quindi, con le tariffe, i produttori stranieri sarebbero incentivati a esercitare l'attività in territorio statunitense e assumere lavoratori americani.
 
Ciò permetterebbe di invertire lo svuotamento della classe media del Paese. In aggiunta a tutto questo, la strategia di Trump mira a generare un maggiore gettito tributario che possa coprire i tagli alle tasse sulle società e l'estensione dei benefici fiscali ai privati come previsto dal suo programma elettorale.
 
Il nuovo paradigma tracciato dal leader repubblicano sovverte il Reciprocal Trade Agreements Act del 1934 che ha permesso per oltre 90 anni agli Stati Uniti di uscire da un'epoca di protezionismo e negoziare insieme ai partners commerciali tariffe più basse sulle importazioni reciproche dei beni.
 
 
 

Dazi reciproci: come funzionano e i Paesi colpiti

Ci sono diversi modi attraverso cui le tariffe reciproche possono essere imposte. Uno è quello di applicarle a prodotti specifici, tipo sulle importazioni di auto, o di liquori, o di beni agricoli. Un altro modo è di stabilire una tariffa media su tutte le merci importate da un Paese.
 
Un altro ancora è di colpire interi settori industriali. Secondo quanto dichiarato ultimamente dal Segretario al Tesoro Scott Bessent, è più probabile che la strada prescelta sarà di una tariffa media, con circa 15 Paesi nel mirino che riceveranno un'aliquota specifica.
 
Basandosi sul principio di reciprocità, potrebbero esserci esenzioni o riduzioni tariffarie per alcuni Paesi. Ad esempio, sulle auto gli USA possono stabilire una tariffa inferiore per le importazioni da una nazione rispetto a un'altra, solo perché la quella nazione a sua volta ha applicato prelievi più bassi per le merci statunitensi.
 
Tuttavia, Trump ha già avvertito che non intende concedere troppe esclusioni. Ciò non toglie che la politica di reciprocità sarà probabilmente adattata alle specificità di ciascuna relazione commerciale.
 
Sulla base di questi criteri, i Paesi più colpiti dovrebbero essere quelli dei mercati emergenti, in quanto hanno stabilito prelievi più elevati sui beni statunitensi. Nella categoria rientrano l'India, l'Argentina, la maggior parte dei Paesi africani e del Sud-Est Asiatico.
 
E poi, secondo Trump, c'è uno squilibrio da colmare: alcuni Paesi esportano negli Stati Uniti più rispetto a quanto importano. Ciò comporta un deficit complessivo degli USA nella bilancia commerciale. Il presidente americano ha visto sempre tale situazione come fondamentalmente ingiusta.
 
In un documento del Federal Register depositato dall'USTR (United State Trade Representative), sono elencate 21 economie che rappresentano l'88% di tutto il commercio di merci negli Stati Uniti. La lista include: Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cina, UE, India, Indonesia, Giappone, Corea, Malesia, Messico, Russia, Arabia Saudita, Sud Africa, Svizzera, Taiwan, Thailandia, Turchia, Regno Unito e Vietnam.
 
 
 

Si può negoziare?

È nell'indole di Trump colpire in modo da creare uno shock e poi mettersi al tavolo della trattativa. Lo ha fatto durante il suo primo mandato e lo ha ripetuto anche da quando si è insediato alla Casa Bianca, ad esempio con Messico e Canada. La strategia è finalizzata a mettere pressione alle controparti per ottenere un vantaggio economico da accordi successivi.
 
L'impressione generale è che però stavolta per i motivi su citati il magnate newyorchese sarà più duro sugli scambi commerciali con i partners degli Stati Uniti. Con la Cina, ad esempio, non sta trattando. Mentre l'Australia, che inizialmente Trump ha fatto capire potesse essere esentata dai dazi su acciaio e alluminio, in realtà non dovrebbe essere risparmiata.
 
"L'alluminio australiano stava uccidendo l'industria statunitense", ha affermato un consigliere commerciale alla Casa Bianca. Quindi, per i dazi reciproci del 2 aprile, è possibile che i margini di manovra per una negoziazione siano particolarmente ristretti.
 
 

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