I mercati delle materie prime hanno vissuto un anno incredibile: dopo esser saliti a livelli stellari a seguito dello scoppio della guerra in Ucraina, nei mesi successivi hanno ritracciato.
In realtà è proprio il percorso dai minimi pandemici di marzo 2020 ai massimi del 2021 che ha provocato le tossine nei muscoli dei mercati che oggi ritroviamo riflesse negli andamenti negativi degli indici azionari e obbligazionari, oltre che naturalmente nell’inflazione. Tutta la speculazione del 2022 è rientrata. Vale per il prezzo del petrolio, del gas naturale (anche europeo dopo la discesa sotto quota 100), vale per i metalli industriali e anche per alcune materie prime agricole.
Possiamo quindi dire che i fattori straordinari di inflazione sono evaporati, ma quelli strutturali che c’erano prima della guerra sono rimasti. E sono questi che le banche centrali dovranno far rientrare per evitare che nella mente di investitori e risparmiatori si radichino aspettative di inflazione troppo alte.
Commodity: cosa fare nel 2023?
Per quello che riguarda l’investimento in commodity, il 2022 porta comunque ad un risultato positivo seppur ampiamente sotto ai massimi dell’anno. Anche il dollaro americano ha dato il suo contributo ma questo è il momento di guardare avanti e chiedersi se le commodity possono essere una asset class da mantenere in portafoglio anche per il 2023.
Al netto di considerazioni legate a inefficienze, costi, diversificazione dei vari ETF in circolazione, il grafico del Bloomberg Commodity Index in euro rappresenta forse l’elemento migliore per cominciare a fare qualche ragionamento.
Dopo un rialzo del 37% nel 2021 e di oltre il 20% nel 2022 (le performance sono quelle dell’ETF Invesco Bloomberg Commodity Index) potrebbe essere arrivato il momento di tirare il fiato.
I graficisti intravedono diversi segnali tecnici di cambiamento. Un potenziale doppio massimo, la rottura ribassista di una media mobile che aveva costantemente arginato i ribassi. La fine di un periodo di distribuzione in cui la parte di mercato ben informata ha trasferito il possesso delle materie prime verso la speculazione spicciola.
Potremmo essere di fronte ad una trappola e veder svoltare di nuovo i prezzi delle materie prime all’improvviso verso l’alto. L’impressione che ho però è quella di un mercato che si sta riequilibrando a causa di una domanda in contrazione e di un’offerta che ingolosita dagli alti prezzi si era espansa. Forse troppo.
La transizione energetica nel breve periodo terrà ancora strutturalmente alti i prezzi di alcune materie prime soprattutto di origine fossile, ma il destino di lungo periodo sembra più essere orientato ad un progressivo declino.
Nel 2023 poi c’è l’incognita Cina. Innegabile come il calo degli ultimi tempi nei prezzi delle commodity trova nel rallentamento cinese una delle sue cause. Pechino si è piegata di fronte alle proteste contro le restrizioni, ma il Covid sta tornando a colpire il paese mettendo a rischio le auspicate riaperture e la ripresa congiunturale.
Non credo sarà un anno facile il 2023 per le commodity e un ribilanciamento con altre asset class più a sconto (bond e equity) è assolutamente doveroso e probabilmente saggio.