Petrolio: 4 fattori che potrebbero frenare la discesa dei prezzi | Investire.biz

Petrolio: 4 fattori che potrebbero frenare la discesa dei prezzi

14 apr 2025 - 10:33

14 apr 2025 - 10:35

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La discesa dei prezzi del petrolio potrebbe incontrare alcuni ostacoli nei prossimi mesi. Vediamo quali sono e se esistono oggi le condizioni per entrare in acquisto

I prezzi del petrolio si sono stabilizzati in questo inizio settimana intorno ai 65 dollari al barile per il Brent e a 61 dollari per il West Texas Intermediate (WTI). La tregua tariffaria annunciata dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump - che ha esentato alcuni beni elettronici di consumo dall'applicazione dei dazi - ha ridato una boccata d'ossigeno al mercato, alle prese con i timori di una recessione dell'economia. Giocoforza, le quotazioni del greggio hanno arrestato la discesa, in quanto la materia prima è molto sensibile alle aspettative sull'andamento macroeconomico globale. 
 
Nei giorni scorsi le tensioni sulle tariffe avevano spinto i prezzi del petrolio a livelli che non si vedevano dalla pandemia, quando il blocco delle attività aveva messo in ginocchio l'economia mondiale. In aggiunta a questo, si è inserita la decisione dell'OPEC+ di aumentare l'offerta di greggio.
 
Un altro aspetto importante che ha ridato energia ai prezzi dell'oro nero nelle ultime ore è stato l'allentamento delle tensioni tra Stati Uniti e Iran dopo i colloqui del fine settimana in Oman. Per la prima volta dal 2022, le parti si sono impegnate per risolvere la situazione di stallo sul programma nucleare di Teheran. A breve sono previsti nuovi colloqui. 
 
 
 

Petrolio: è il momento di entrare a mercato?

Dal massimo di circa 135 dollari al barile di marzo 2022, i prezzi del petrolio si sono più che dimezzati. Alcuni operatori si stanno chiedendo se quello attuale possa essere un buon momento per entrare in acquisto. Secondo gli osservatori finanziari, ci sono diversi aspetti che fanno pensare a una discesa del greggio non ancora terminata.
 
Al momento, i trader non stanno valutando veramente una recessione negli Stati Uniti e un ulteriore rallentamento dell'economia cinese. Così come una guerra dei prezzi innescata dall'Arabia Saudita per punire i membri dell'OPEC+ che non stanno ai patti. Già nel 2020 Riyadh ha dato prova di quello che potrebbe succedere quando ha messo in atto una diatriba con la Russia spingendo i futures del Brent addirittura in territorio negativo per la prima volta nella storia.
 
Prese di posizioni simili da parte del Regno guidato dal principe ereditario Mohammed bin Salman sono state attuate altre tre volte negli ultimi 30 anni: nel 1986, nel 1998 e nel 2014. Se si dovessero concretizzare tutti questi rischi, non è escluso che le quotazioni del greggio scivolino verso livelli più bassi.
 
Goldman Sachs prevede una contrazione dei prezzi sia quest'anno che nel 2026 proprio a causa del crescente rischio di recessione e dell'aumento dell'offerta da parte dell'OPEC+. La banca di investimento statunitense stima una discesa del Brent a 63 dollari nel 2025 e a 58 dollari nel 2026, nonché un calo del WTI a 59 dollari quest'anno e a 55 dollari l'anno prossimo.
 
 
 

I fattori destinati a sostenere i prezzi del petrolio 

Ci sono tuttavia alcune considerazioni che potrebbero scongiurare un "de profundis" tipo quello che si è registrato durante la pandemia.
 
Innanzitutto, all'epoca l'arrivo del Covid-19 aveva atterrato l'economia globale con uno shock di portata storica in grado di far precipitare la domanda globale fino a 20 punti percentuali. Oggi si hanno segnali solo di una piccola contrazione, con il PIL generale che, stando alle previsioni degli analisti, potrebbe scendere al massimo di 100 punti base.
 
In secondo luogo, i produttori non trovano conveniente estrarre la materia prima sotto un certo livello di prezzo. Ad esempio, secondo un sondaggio della Federal Reserve Bank di Dallas, gli scisto americani non sono redditizi se trivellano con un prezzo del WTI sotto i 65 dollari, mentre nel 2020 il break-even point era a 49 dollari.
 
In terzo luogo, il contesto geopolitico è ancora molto instabile. La guerra Russia-Ucraina è sempre lontana da una risoluzione, mentre il Medio Oriente è una polveriera. Tra l'altro, gli Stati Uniti hanno imposto nuovamente sanzioni al Venezuela e i colloqui con Teheran nessuno sa dove potrebbero finire. In sostanza, la geopolitica potrebbe ancora inasprire il mercato del greggio attraverso interruzioni dell'offerta.
 
Infine, c'è la questione dei dazi. Trump ha contribuito al crollo del prezzo del petrolio, ma potrebbe anche farlo decollare se attivasse una giravolta forte sulle tariffe che facesse diminuire la pressione sull'economia.
 
 
 
 

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