Battuta d'arresto del petrolio negli ultimi due giorni dopo 7 sedute consecutive di rialzi, che avevano spinto il WTI oltre 45 dollari al barile e il Brent a ridosso dei 49 dollari. A frenare il mini rally, l'avanzare dei contagi da Coronavirus e il timore che l'OPEC+ possa aumentare la produzione nel 2021.
L'attesa quindi per l'incontro dei Paesi esportatori di lunedì 30 novembre si fa rovente. Cosa verrà deciso dal Cartello in prospettiva e cosa bisognerà aspettarsi riguardo i prezzi del greggio per l'anno che verrà? Per capirlo prendiamo in considerazione il rapporto di due banche, UniCredit e UBS, che tracciano un quadro della situazione che potrebbe verificarsi nel prossimo futuro.
UniCredit: l'OPEC non aumenterà la produzione
A giudizio di Unicredit bisognerebbe andare con i piedi di piombo prima di dare per morto il petrolio. Il passaggio all'energia verde sarà più graduale di quanto non si pensi. Negli Stati Uniti è vero che l'Amministrazione Biden avrà come priorità assoluta la transizione energetica, però al Congresso non ha la maggioranza assoluta in entrambe le Camere, di conseguenza sarà costretta ad attenuare le proprie ambizioni.
Sul lato della domanda, l'arrivo dei vaccini anti-Covid distribuiti su larga scala faranno sì che la situazione dei trasporti e dei viaggi torni pian piano alla normalità, con relativo rilancio dei consumi. Questo però non avviene nel brevissimo termine, anche e soprattutto per ragioni organizzative. Anzi, ancora per qualche mese la domanda rimarrà debole e quindi l'OPEC non potrà già da gennaio aumentare l'output di 2 milioni di barili al giorno come era stato previsto nelle precedenti sedute.
Vi sarebbe altresì un problema di stoccaggio, dato che i centri non riuscirebbero a contenere i barili in eccesso. Attualmente la capacità complessiva di stoccaggio in riserva di Russia e Medio Oriente ammonta a circa 120 milioni di barili, il che significa che un'eccedenza di produzione di 250 milioni di barili rischierebbe di mandare al collasso il sistema. Già alcune partite sono stati immagazzinate in strutture galleggianti, a differenza di quanto avvenne a Cashing nella scorsa primavera. Però altre sono stati smaltite a sconto spingendo in basso i prezzi del greggio.
Tuttavia c'è da osservare che la debolezza della domanda non è paragonabile a quella che si è avuta durante il primo lockdown, sia perché le chiusure questa volta sono più limitate e sia perché in alcuni Paesi come la Cina l'attività economica è ripresa a pieno ritmo, visto il basso numero di contagi. In definitiva, per il primo trimestre Unicredit prevede una domanda globale di 94 milioni di barili al giorno mentre nei primi sei mesi dell'anno, per effetto della ripresa della produzioni in USA e in Libia, l'offerta dovrebbe risultare di 97 milioni di barili giornalieri.
UBS: petrolio a 50 dollari al barile nel 2021
Sulla stessa linea degli strategist di UniCredit si posiziona UBS. La banca svizzera prevede una crescita delle quotazioni dell'oro nero anche nelle prossime settimane. A partire dal primo gennaio del 2021 le quote di produzione dell'OPEC saranno lasciate inalterate per almeno 3 mesi, giusto per fare da ponte all'arrivo di un vaccino che possa far riprendere la domanda.
In questo momento il Cartello sta attuando uno sforzo non indifferente per resistere alle pressioni da parte di alcuni membri come l'Iraq e la Nigeria, che spingono verso un aumento dell'offerta. Nella riunione di lunedì probabilmente i due pesi massimi, Arabia Saudita e Russia, decideranno salomonicamente di lanciare un messaggio al mercato ben preciso: l'output rimarrà tale fin quando non si sarà ristabilito un certo equilibrio tra la domanda e l'offerta.
La domanda di greggio viene vista da UBS aumentare di 6,3 milioni di barili al giorno l'anno prossimo, grazie al rimbalzo del PIL in tutti i Paesi del Mondo, soprattutto con riferimento ai viaggi e ai trasporti. I prezzi pertanto saranno indirizzati verso un recupero a livelli simili a quelli visti prima dell'avvento del Covid-19 e si dovrebbero stabilizzare intorno ai 50 dollari al barile.