Tra le altre cose, la pandemia ha portato ad un intensificazione di un fenomeno nato da una decina d’anni a seguito delle crescenti tensioni geopolitiche: il nearshoring.
L’emergenza sanitaria ha comportato restrizioni governative, interruzioni nella catena di approvvigionamento e cambiamenti nelle preferenze dei consumatori. Molte aziende si sono trovate ad affrontare sfide senza precedenti, inclusa la necessità di adattarsi rapidamente a nuove modalità di lavoro e comunicazione.
Poter disporre di catene di fornitura più diversificate e, in linea generale, più vicine geograficamente è rapidamente diventata una necessità. Questo ha portato ad un progressivo passaggio dall’offshoring al nearshoring.
Cosa è il Nearshoring: l’outsourcing con i Paesi confinanti
Il nearshoring è quella strategia aziendale che prevede la delocalizzazione delle attività e dei servizi in Paesi geograficamente vicini, ma con costi inferiori rispetto al Paese d'origine. Con il nearshoring le aziende decidono di trasferire parte delle proprie operazioni in una località più prossima, spesso con una cultura e una lingua simili, ma con costi inferiori rispetto al proprio Paese di origine.
Questo approccio consente alle aziende di ridurre i costi operativi, mantenendo un alto livello di controllo e qualità dei servizi offerti.
Messico e Nearshoring
La nuova gigafactory di Tesla, valore dell’investimento 5 miliardi di dollari, l’incremento delle installazioni da parte di Phillips Industries, lo shopping di uniformi da parte di Walmart, il progetto da 14 miliardi della statunitense mexico Pacific Limited ed anche gli oltre 200 milioni che l’italiana Brembo destinerà al raddoppio della capacità produttiva dello stabilimento di Escobedo.
Sono sono alcuni degli ultimi effetti del nearshoring in salsa messicana. Secondo le stime elaborate dalla banca spagnola Bbva, nei primi sei mesi dell’anno il totale degli investimenti diretti in Messico si è attestato a 43 miliardi di dollari. La vicinanza geografica con la prima economia mondiale rende il Messico il candidato principale a beneficiare di questa tendenza. Stando alle stime di amCham Shanghai, un'organizzazione che promuove le imprese americane in Cina, il Messico accoglie circa il 35% delle aziende statunitensi che reindirizzano gli investimenti dalla Cina.
Peso Messicano in rally grazie al Nearshoring (e nonostante la Banca centrale)
Nonostante la Banca centrale messicana abbia ormai terminato il ciclo di restringimento monetario, anche per i prossimi mesi le attese degli analisti sul peso messicano sono improntate all’ottimismo.
Sui minimi da 7 anni, il cambio USD/MXN scambia a 17,1 e per gli operatori potrebbe presto scendere sotto quota 17 per la prima volta dal 2015. "È molto probabile che questo rafforzamento della valuta continui nel breve termine", ha dichiarato James Salazar, vicedirettore dell'analisi economica presso la società CI Banco, aggiungendo che il tasso differenziale è ancora molto attraente e favorisce il peso.
Da inizio anno il peso messicano è cresciuto di 14 punti percentuali mettendo a segno la performance migliore tra le maggiori valute grazie al costante afflusso di rimesse, alla forte crescita delle esportazioni e alla spinta agli investimenti privati derivante proprio dal nearshoring.
Nonostante il Banxico, la Banca centrale messicana, abbia messo un freno ai rialzi dei tassi, avvertendo però che il benchmark potrebbe rimanere all'attuale massimo storico dell'11,25% - più del doppio di quello della Federal Reserve statunitense - per un periodo prolungato, le attese sulla divisa messicana sono improntate all’ottimismo.
"Quando si parla di Messico, Brasile e Colombia in questo momento, c'è più ottimismo nel ritenere che il Messico possa sovraperformare nel breve termine, mentre gli altri si indeboliranno", ha detto Ed Moya, senior analyst di Oanda.