Una notizia non così irrilevante quella appena arrivata da uno dei principali produttori di ETF europei, DWS. La notizia coinvolge un ETF di Xtrackers che ha cambiato nome nelle ultime settimane da Xtrackers MSCI Emerging Markets Select ESG Screened a Xtrackers MSCI Emerging Markets ex China.
Prendendo atto che gli investitori sono preoccupati dell’eccessivo peso della Cina negli indici emergenti tradizionali, DWS ha così deciso di accontentare la domanda modificando l’indice di riferimento di un ETF che stava annegando nell’irrilevanza con masse di poco superiori ai 50 milioni di dollari.
Il lancio commerciale del nuovo ETF è stato anche supportato da un taglio nei costi (diventati 0,16% per anno) mentre la parola ESG è stata rimossa dalla descrizione preferendo puntare su ex-China. Evidentemente due temi che l’ufficio marketing di DWS ha pensato bene di rimuovere da una parte ed evidenziare dall’altra.
MSCI Emerging Markets ex China: perchè il Dragone è stato escluso
L’indice Msci Emerging Market ex China investe su 23 paesi Cina esclusa, con oltre 670 società presenti in portafoglio. Meno diversificato quanto a numero di società rispetto al precedente indice (dove erano oltre 1000), ma la Cina fuori dai giochi. ETF quindi che va ad inserirsi in un filone ancora poco popolato come quelle degli emergenti ex China dove troviamo l’ETF di Amundi.
DWS va quindi contro corrente e decide di rinunciare alla parola ESG (che non mi sembra di aver ritrovato nemmeno all’interno del nuovo KID) per sfruttare un filone più prolifico di investimento che è quello che vuole escludere un paese ingombrante come la Cina dalla politica di investimento.
E questo ci porta ad un'altra grande sorpresa, almeno per chi costruisce asset allocation. Investire nel mondo emergente al netto della Cina è stato più proficuo che investire con la Cina. Msci fornisce la prova di questa evidenza dal suo sito istituzionale.
Dalla fine del 2000 investire in azioni emergenti con la Cina ha offerto un rendimento annuo composto del 7,7%. Escludendo la Cina saliamo a 8,2%. Stesso risultato negli ultimi 10 anni il tutto con una volatilità simile.
Multipli leggermente più elevati perché non depressi dalla Cina, questo ETF non potrà però staccarsi dal rischio di eccessive concentrazioni. Perché, se esce Pechino entra Nuova Dehli. L’India, infatti, pesa per il 26% seguita da vicino da Taiwan (24%) e poi Corea del Sud (16%). Sempre molta Asia quindi, ma con un focus settoriale che cambia diventando molto tech (30%) e finanziario (23%).
DWS sembra quindi virare con decisione nella scelta di questo prodotto entrando in un segmento di mercato poco affollato e di sicuro interesse per asset allocator e investitori alla ricerca di una maggiore specializzazione geografica. Chissà se vedremo altri attori agire nello stesso modo nei prossimi mesi.