La decisione di Amundi di chiudere un ETF che scommetteva sul ribasso delle aspettative di inflazione sembra essere la classica notizia contrarian che molti aspettavano (o temevano) circa la dinamica dell’inflazione futura. Al ribasso.
Amundi US Inverse Inflation Expectations 10y è stato lanciato nel 2018, un paio di anni dopo il fratellino Amundi US Inflation Expectations 10y che invece scommette sull’aumento delle aspettative di inflazione.
Se l’antieconomicità del primo ETF è stata generata da masse molto modeste non aiutate certamente dalle performance (negative) degli ultimi 5 anni, alla base dell’insuccesso dell’ETF c’è anche una certa sfiducia negli operatori circa la possibilità di avere in futuro inflazione più bassa di quella attualmente prevista da Banche centrali e mercati.
Amundi US Inverse Inflation Expectations 10Y UCITS ETF Acc replica una posizione corta in titoli di stato governativi statunitensi a 10 anni protetti dall'inflazione (TIPS) e una posizione lunga nelle obbligazioni governative statunitensi con medesima durata. Il migliore dei mondi per questo ETF si ha quando il tasso fisso fa meglio degli inflation linked, solitamente in un ambiente di inflazione calante oltre le attese.
Amundi US Inflation Expectations 10Y UCITS ETF Acc ha, all’opposto, una posizione long in titoli di stato statunitensi coperti per l'inflazione (TIPS, Treasury Inflation-Protected Securities) a 10 anni e posizione short in titoli di stato statunitensi con simile duration. Il suo ambiente è quello di inflazione che supera le attese.
Performance ETF aspettative di inflazione: vince la posizione lunga sui TIPS
L’aumento dell’inflazione degli ultimi anni, soprattutto post Covid, ha prodotto risultati molto divergenti. Al +35% della posizione lunga TIPS corta tasso fisso si contrappone il -12% dell’ETF inverso che andrà ad essere delistato.
Nel mezzo un tradizionale ETF TIPS che non adotta strategia long/short e che in 5 anni, nonostante la batosta subita di prodotti obbligazionari a lunga duration, ha raccolto il 4%. Da notare che l’inflazione media americana dell’ultimo lustro è stata del 4,3% di fatto rendendo molto sterile l’investimento in un prodotto che doveva compensare la perdita di potere d’acquisto. Ma sappiamo bene che qui il problema cronico sta nel prodotto ETF obbligazionario con duration costante.
Tornando agli ETF che fanno speculazione sull’andamento delle aspettative di inflazione il titolo provocatorio potrebbe non essere così fuori dalla realtà.
Ormai la maggior parte degli operatori è convinta che l’inflazione dei prossimi anni a causa di dazi, dollaro debole, tensioni geopolitiche sia destinata a salire. E se invece accadesse il contrario costringendo le Banche centrali a tagliare in modo deciso i tassi? A quel punto la decisione di Amundi di rimuovere un prodotto sicuramente di nicchia, ma performante in quell’ambiente, si rivelerebbe una beffa per gli investitori che saranno stati forzosamente costretti a rinunciare alla strategia.