Gli indici "equal weight" attraggono sempre più gli investitori. Dopo il lancio di un ETF azionario globale in versione EQ da parte di Invesco, operazione alla quale probabilmente ne seguiranno altre, il mercato continua a guardare con estremo interesse alle versioni a pesi identici per sfuggire alla logica delle eccessive concentrazioni di mercato su singole azioni e settori.
Oltre 2 miliardi di dollari sono entrati a settembre sugli ETF che adottano questo tipo di replica che si contrappone alla più tradizionale versione "cap weight" (CW) dove ogni azione pesa sulla base della capitalizzazione di mercato. Creando concentrazioni importanti sia a livello di singolo titolo, geografia e settore. Come sul celebre S&P 500.
Lo storico Xtrackers S&P500 EW nel solo mese di settembre ha incamerato oltre 750 milioni di dollari di nuovi asset. Sopra i 500 milioni di dollari gli inflows di un altro ETF di Xtrackers che replica la Borsa americana ma questa volta in versione ESG.
La voglia di diversificare e sfuggire alla dipendenza delle “Magnifiche 7” azioni di Wall Street, ovvero quelle società che con la loro capitalizzazione si prendono una larga fetta di indice, si unisce all’imminenza di elezioni che potrebbero stravolgere le decisioni economiche del paese nei prossimi mesi.
ETF Equal Weight: il gap a 10 anni è particolarmente ampio
Strategia che in apparenza secondo Elroy Dimson, professore della Cambridge Business School, sembra un’idea non così valida visto che si vendono i migliori per comprare i peggiori e mantenere i pesi costanti. L’andamento degli ETF di Xtrackers ci permette di fare due tipi di confronti.
Capire le differenze di performance tra i due ETF EW su S&P500 in versione ESG e non. E comprendere le performance accumulate dalla versione CW ed EW sempre della stessa casa di investimento.
Nel primo caso la limitazione temporale del più recente ETF ESG (lanciato a fine 2022) ci offre una visibilità contenuta che però ci dice che la versione più sostenibile ha accumulato circa 80 punti base di guadagno aggiuntivo rispetto alla versione non ESG (+20% la performance dal dicembre 2022).
Nel secondo caso invece abbiamo una visibilità più ampia che ci permette di andare indietro di 10 anni. E la versione CW con il suo +325% supera di quasi il 100% quella EW. Anche se ci sarà chiusura nel gap da parte di quest’ultima, serviranno performance decisamente pessime per le prime società per capitalizzazione presenti nel paniere al fine di compensare un divario così ampio.
Un gap che è stato progressivo nel corso degli anni. Nell’ultimo lustro sono stati 30 i punti percentuali a favore della versione CW. Negli ultimi 3 anni 15%. Nell’ultimo anno 8%.
Per il momento la tesi di Dimson sembra essere corretta ma quanto sono sostenibili queste concentrazioni degli indici? Ai mercati la parola, ma oggi gli strumenti finanziari passivi per uscire almeno in parte da questa logica ci sono e le case di investimento si stanno attrezzando per ampliare l’offerta.