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Che succede alle terre rare?

13 gen 2023 - 12:00

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Cruciale per molte delle tecnologie moderne, il settore delle terre rare non sta vivendo un periodo facile. Scopriamo come investire in terre rare con questo ETF

 

La notizia del giorno è rappresentata dalla scoperta, annunciata dal governo svedese, del più importante giacimento di terre rare in Europa. "Si tratta di una notizia importante per la Svezia e per l’Europa", ha detto l'Ad della società pubblica LKAB, Jon Moström. Secondo quanto riferito dal manager, le riserve del giacimento sarebbero "enormi". 

Le terre rare rappresentano ormai da tempo un tema di investimento sulla bocca di tanti investitori anche se gli strumenti a disposizione per investire sulle società operative in questo settore sono attualmente pochi. Tra poco vedremo come investire in terre rare, ma dopo un 2022 negativo per i mercati azionari mi sembrava interessante cercare di capire come si è mosso un settore così strategico per l’industria del ventunesimo secolo.

 

 

Cosa sono le terre rare


Le terre rare sono un gruppo di 17 elementi facenti parte della famiglia dei metalli a loro volta divise in leggere, medie e pesanti. Questi speciali elementi chimici non sono definiti rari perché poco presenti sulla Terra, ma per via della loro difficile identificazione oltreché per la complessità del processo di estrazione e lavorazione del minerale puro. La prima scoperta risale al 1787, quando il tenente dell’esercito svedese Carl Axel Arrhenius rilevò un minerale che in realtà aveva al suo interno un mix di terre rare, dal quale 16 anni più tardi, nel 1803, venne isolato il Cerio. E quasi la totalità delle terre rare è stata scoperta prima del ventesimo secolo.

Ormai ogni settore produttivo con un alto tasso di tecnologia utilizza le terre rare. Auto elettriche, aerospazio, fibra ottica, smartphone e tanti altri settori hanno la necessità di impiegare le terre rare nei propri processi produttivi. La Cina detiene circa il 40% delle riserve mondiali, seguita da Stati Uniti e Australia rispettivamente con il 12% e il 10%, numeri in continua evoluzione per effetto delle nuove esplorazioni e soprattutto se consideriamo che la Groenlandia sembra essere il luogo più ricco di terre rare al mondo.

Gli Stati Uniti stanno tentando di aumentare in maniera importante la produzione e la sicurezza della catena produttiva nazionale con un atto firmato dal Presidente Biden proprio nel 2022 incentivando anche i partner alleati a fare lo stesso. Inutile negare che il freno principale all’estrazione è quello della forte nocività del processo minerario per l’ambiente circostante. E proprio Cina, USA e Australia sono i paesi più rappresentati nell’ETF commercializzato in Europa da VanEck.

 

 

Come investire nelle terre rare


L’ETF VanEck Rare Earth and Strategic Metals è nato poco più di un anno fa ma ha già raggiunto masse superiori ai 100 milioni di euro. L’ETF replica l’indice MVIS Global Rare Earth/Strategic Metals Index diviso praticamente a metà tra large cap e mid cap. L’Australia fa la parte del leone con un peso del 43% seguita da Cina al 25% e Stati Uniti al 15%. La scarsa diversificazione tra società appare inevitabile vista la concentrazione mondiale in pochi player che operano nel settore. Sono infatti 25 le società presenti nel paniere. VanEck, nella sua sezione dedicata al tema, offre una pagina di approfondimento proprio al settore delle terre rare dal quale si possono estrapolare informazioni aggiuntive.

 

 

Un settore che non è andato bene nel 2022 e che negli ultimi 5 anni non ha portato a casa grandissime performance. L’indice infatti ha raccolto praticamente niente in un lustro mentre il 2022 ha fatto segnare un calo superiore al 30% che ha portato i multipli a livelli non certamente cari (13 il livello di prezzo utili).

Pesano sulle quotazioni le tensioni geopolitiche e il rallentamento cinese, ma quando ci sarà la ripartenza del ciclo economico questo ETF andrà tenuto in debita considerazione come componente “commodity” di una ideale asset allocation con la solita avvertenza di mantenere una elevata diversificazione (e anche un peso non eccessivo per prodotto) su temi specifici come questi.

 

 

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