La volatilità degli ultimi mesi ha colpito duro non solo i titoli considerati growth, ma anche quelli che rientrano nel mondo small caps, tipicamente più movimentati duranti le fasi di tensione dei mercati finanziari. Anche in Europa si è verificata una situazione di stress sulle società a piccola capitalizzazione, con performance che negli ultimi 3 mesi fanno registrare un calo del 5%. Nulla di clamoroso, semplicemente uno stop in un processo di rialzo particolarmente forte avviato da marzo 2020.
Le piccole capitalizzazioni rappresentano da sempre quelle tipologie di investimento che per caratteristiche intrinseche vanta un livello di volatilità più alto delle big cap: questo si traduce in movimento più importanti al rialzo come anche al ribasso.
Volatilità e rischio più alto, ma anche maggiori aspettative di rendimento. Non è un caso che negli ultimi 5 anni le società europee a piccola capitalizzazione hanno guadagnato il 60% contro il 40% dell’indice large cap EuroStoxx 50 (dati al 26 gennaio 2022).
Small cap: atteso calo prima di ripartenza
Negli ultimi 3 mesi però le incertezze si sono fatte sentire, con una performance negativa doppia per le small cap rispetto all’indice principale. Il grafico proposto è molto interessante per la sua conformazione grafica. Tre tentativi di massimo prima di una scossa ribassista. Idealmente è accettabile ancora un calo del 5-7% prima di veder materializzato un clamoroso rientro al di sotto di quella trend line che fino al 2020 ha unito i massimi crescenti.
L’ETF utilizzato per questa simulazione è iShares Euro Stoxx Small (ISIN IE00B02KXM00). Strumento lanciato nel 2004 con capitalizzazione superiore al miliardo di euro, ad un costo di 0,4% annuo offre la copertura al mondo delle small caps europee.
Multipli interessanti (si va dal 17 di rapporto prezzo utili al 1,4 di rapporto prezzo valore di libro), ottima tracking difference che negli ultimi 3 anni si è sempre esplicitata in una performance capace di recuperare i costi.
L’indice è replicato fisicamente in maniera ottimizzata e copre un paniere di poco più di 80 titoli allocati tra Francia (26%), Italia (16%) e Germania (16%). Il resto è investito su Paesi della zona Euro, elemento questo che annulla il rischio di cambio sull’investimento. A livello settoriale gli industriali fanno la parte del leone con il 20% di peso seguiti da finanziari e REIT al 12%.
Small cap: l'Europa batte gli Stati Uniti
Un altro aspetto interessante delle small caps europee poco pubblicizzato è la loro capacità di battere le cugine americane rappresentate comunemente dal Russell 2000. A distanza di 5 anni infatti, il differenziale supera i 18 punti percentuali a favore delle società dell’Eurozona.
Il mercato è ovviamente in fibrillazione ma ogni correzione nasconde sempre delle opportunità. Se tecnicamente non verrà a configurarsi uno scenario particolarmente negativo, le small caps europee hanno rappresentato finora uno dei pochi asset in grado di mettere all’angolo l’equivalente stile made in USA. Una forza relativa da non trascurare.