Sono le Small Cap, assieme al mercato immobiliare, l’altro ventre molle vittima della debacle del settore bancario americano. Non è passata inosservata infatti la caduta violenta in pochi giorni degli ETF di settore che da inizio 2023 si sono rimangiati tutti i guadagni accumulati dopo un 2022 all’insegna della negatività piuttosto spiccata.
Il motivo, come vedremo tra poco, si chiama alti tassi di interesse, inflazione, recessione probabile, ma soprattutto banche. Quelle stesse banche “colleghe” della Silicon Valley Bank completano i panieri dei principali indici azionari investiti in piccole capitalizzazioni.
Per chi ha evitato gli indici 100% USA è andata meglio, visto che un indice come il Russell 2000 (vedi grafico) vede proprio il settore finanziario tra quelli con il maggior peso relativo occupando il 15% del portafoglio totale.
Non solo hanno perso di più rispetto alle large cap globali, ma le Small Cap mondiali si allontanano ancora di più dal recupero di quel gap di performance che a 5 anni sfiora il 30%.
Small Cap: il punto di ingresso è invitante
L’indice Msci World Small Caps serve per integrare il tradizionale Msci World che di piccole capitalizzazioni al suo interno non ne contiene. Per cercare di ottenere un maggiore premio per il rischio dalle Small Cap gli investitori sono disposti a caricarsi di una volatilità che di recente si è avvicinata al 25%.
Come abbiamo visto negli ultimi 5 anni, ad alta volatilità non ha però corrisposto un premio di rendimento e questo pone diversi quesiti sull’efficienza di questo segmento di mercato all’interno di un portafoglio diversificato globale.
Come per il value e per i Reits gli ultimi anni non sono stati generosi in tal senso, complici politiche monetarie delle banche centrali orientate a mantenere tassi bassi e favorendo così le azioni growth.
Il rialzo del costo del denaro sembrava aver riportato gli investitori su questi temi a fine 2022, ma le vicende delle banche regionali americane hanno riportato la lettera sul settore.
Nell’ETF SPDR World Small Caps i finanziari pesano per il 13% ma anche l’immobiliare pesa tanto (8%) e questo sta zavorrando il comparto a causa di alti tassi sui mutui e restrizione del credito attivato da parte di diverse banche regionali americane che devono proteggere il proprio capitale da eccessivi rischi. America che su questo ETF continua a fare la parte del leone coprendo quasi il 60% del portafoglio.
I due ETF più capitalizzati quotati a Milano per investire su Small Cap globali sono quelli di iShares e SPDR con costi compresi tra 0,35% e 0,45% e replica fisica.
Indubbiamente siamo di fronte a un asset class che non sta fornendo quelle risposte che gli investitori si attendono. Osservando l’andamento grafico del Russell 2000 l’ingresso sembrerebbe invitante, ma naturalmente la differenza la farà l’umore degli investitori di fronte alle decisioni delle banche centrali. Se occasione oppure rischio di ulteriori sacrifici lo scopriremo nei prossimi mesi.