L’OPEC+ ha deciso che i tagli alla produzione di petrolio permarranno in essere fino al 2024, fissando a 40,5 milioni di barili al giorno il nuovo target di produzione. Delusi i mercati che forse si aspettavano qualcosa di più dopo i corposi ribassi nel prezzo del greggio che avevano portato il WTI sotto i 70 dollari al barile.
Rumors indicano un disaccordo tra Russia e Arabia Saudita, ma sta di fatto che fino a novembre 2023 non si terranno altri meeting a Vienna e quindi saranno i dati macroeconomici a indirizzare il prezzo nei prossimi mesi. Naturalmente il ribasso che ha colpito l’oro nero ha avuto un riflesso negativo in tutte le società che operano nel settore, direttamente coinvolte anche nel crollo delle quotazioni del gas naturale, ritornate in Europa ai livelli di due anni fa.
Il settore oil è il peggiore quest’anno all’interno dell’indice S&P 500, con un calo superiore al 10%. Dopo l’ottimismo legato alle riaperture cinesi post Covid, la presa d’atto che la domanda di Pechino è stata inferiore alle attese con un’economia che stenta a decollare (come testimonia il tasso di inflazione vicino allo zero) ha zavorrato i prezzi delle azioni attive nel settore dell’energia.
Settore oil&gas: come investire?
Gli investitori hanno oggi sostanzialmente tre opportunità per investire nel settore azionario dell’oil&gas. Andare esclusivamente sulle azioni quotate a Wall Street, puntare sulle società europee oppure scegliere una diversificazione globale con un tradizionale indice World Energy.
Dal 1994 l’indice MSCI World Energy ha battuto l’MSCI World (8,7% annuo vs 7,9%), anche se negli ultimi 10 anni gli equilibri si sono decisamente invertiti: l’azionario globale ha viaggiato al ritmo del 9% annuo, quello energy ha faticato ad arrivare al 4%.
Un maggiore dividend yield, oltre a valutazioni fondamentali storicamente molto basse (il rapporto prezzo utili è sotto a 9), contraddistinguono un comparto che può essere replicato acquistando uno dei tanti ETF che replicano l'MSCI World Energy.
Xtrackers e SPDR i due leader per capitalizzazione con una diversificazione geografica che vede gli USA dominare con il 60% seguiti da Canada e Paesi Bassi. Exxon al 17% e Chevron al 11% hanno il peso maggiore, seguiti da Shell al 7% e Total al 6%. Sono 72 i titoli presenti nello strumento.
Il grafico sembra indubbiamente offrire una interessante opportunità di ingresso se il trend rialzista partito con il Covid fosse destinato a proseguire. Per chi invece preferisce entrare sul mercato americano o europeo SPDR S&P US Energy Select Sector permette di investire in 23 società americane attive nel settore petrolifero con le solite Exxon e Chevron a coprire il 44% del totale.
Lato UE Lyxor STOXX Europe 600 Oil & Gas, con una replica sintetica, offre all’investitore la possibilità di entrare sulle società leader in Europa nel settore dell’estrazione e lavorazione di petrolio e gas. In alternativa è quotato lo SPDR Europe Energy che investe fisicamente in 11 società europee con Shell a coprire un terzo del totale, seguita dall’inglese BP e la francese Total con il 20% di peso ciascuna.
La correzione recente nel prezzo del petrolio offre l’opportunità per un investitore di riguardare con interesse a un settore cresciuto in modo importante, raddoppiando il suo valore, dal Covid in avanti. I tagli alla produzione dell’OPEC+ non hanno per ora contribuito a risollevare il settore, ma le quotazioni rimangono a sconto se guardiamo ai fondamentali, seppur con prospettive molto incerte per via del ciclo economico e delle regolamentazioni implementate dai vari stati per combattere il cambiamento climatico.