L’eterna sfida tra chi preferisce investire rispettando la canonica metodologia dei pesi per capitalizzazione di mercato e chi invece quella a pesi uguali si arricchisce di una nuova puntata. Dopo una prima parte dell’anno dominata da poche e soprattutto grandissime società (quelli che negli ultimi giorni diversi titoli hanno celebrato come le Magnifiche 7), la prospettiva di una FED più accomodante sui tassi ha sollevato tutte le barche come si dice in gergo, ridando vigore anche a tutte quelle società del listino che erano rimaste decisamente più indietro e che, con la stessa “voce” democratica, hanno potuto incidere molto di più nei portafogli a pesi uguali rispetto a quelli con capitalizzazione sempre ovviamente a parità di indice sottostante.
E così ho deciso anche io di fare un aggiornamento delle performance dei due contendenti che purtroppo, e questo vale la pena di anticiparlo fin da subito, non trovano molta linfa sul mercato italiano se non andando sul mercato degli indici americani. In versioni equal weighted ci sono diversi ETF presenti sulle piazze europee che investono sugli indici USA, molto poco su azionario mondiale o di altre aree geografiche.
Equal weighted contro capitalizzazione: chi vince?
Utilizzando l’ETF di Xtrackers S&P500 equal weighted sono così andato a fare un confronto con l’equivalente ETF iShares S&P500 dove però la replica dell’indice non è democraticamente spalmata tra le 500 aziende più importanti d’America, ma utilizza il criterio di capitalizzazione che mette ai primi due posti società come Microsoft e Apple rispettivamente per il 7% di peso a testa.
Dopo un anno intero decisamente a favore della versione cap weighted con performance che hanno sfiorato il 20% a fronte di una performance della versione equal pari a meno della metà, negli ultimi 3 mesi c’è stata la reazione con un seppur modesto sorpasso di equal a danno di cap, seppur a fronte di una volatilità leggermente superiore.
Gli ultimi 10 anni sono comunque impietosi con la versione a pesi costanti e questo potrebbe essere proprio uno dei motivi che spinge diversi convinti sostenitori della strategia a professare performance migliori nei prossimi anni.
Come si vede dal grafico che mette in parallelo i due ETF, sono oltre 55 i punti percentuali di ritardo accumulati nell’ultima decade dall’investimento a pesi costanti, un distacco che aveva avuto momenti di avvicinamento nel corso degli ultimi mesi, ma senza comunque azzerare un gap che rimane particolarmente marcato considerato il non lunghissimo orizzonte temporale analizzato.
Se il tempo delle mega cap è giunto a maturazione, abbinare l’investimento in small cap americane (anche’esse offerte in versione equal weighted con un ETF di SPDR) a un ETF sullo S&P500 in versione a pesi identici potrebbe non essere una cattiva idea strategica per rendere meno dipendente l’intero portafoglio dagli umori (e dagli utili) di pochi giganti.