Ray Dalio ha fiducia nella Cina e il celebre hedge fund Bridgewater lo conferma con l’incremento delle posizioni lunghe su due ETF posseduti dal fondo a gestione attiva tra i più celebri al mondo.
Il secondo hedge fund al mondo per masse amministrate ha ribadito le posizioni lunghe su ETF che replicano S&P500 e indice dei paesi emergenti (a loro volta già ricchi di azioni cinesi) tagliando il lungo di oro. Bridgewater ha però comprato di recente oltre 2 milioni di quote degli ETF iShares Msci China e iShares China Large Cap, portando rispettivamente a 64 e 88 milioni di dollari l’investimento complessivo di ETF dell’hedge fund che alla fine di giugno investiva per oltre il 10% del patrimonio in S&P500 e Msci Emerging Market.
ETF sul mercato cinese: differenze e caratteristiche
Questi due ETF cinesi sono acquistabili anche sul mercato europeo degli ETF in versione Ucits, ma quali sono le differenze? Con patrimoni gestiti attualmente superiori ai 500 milioni di euro (per la versione Msci China siamo oltre gli 800 milioni di euro) gli ETF hanno prima di tutto differenze di costo. Molto caro il Large Cap (0,74%), quasi 50 punti base in più rispetto alla versione Msci.
Poco la differenza però a livello di performance. A distanza di 3 anni il Large Cap perde il 30% mentre il Msci China perde il 33% (dati a fine agosto 2023). Per quello che riguarda la volatilità più ballerino il Large Cap con un non irrilevante 30% contro il 27% di Msci.
Entrando nel dettaglio dei due ETF che replicano due indici diversi scopriamo le principali caratteristiche.
Il China Large Cap è concentrato in appena una cinquantina di titoli. L’ETF replica l'indice FTSE China 50 replica le 50 società cinesi più grandi e liquide quotate sulla Borsa Valori di Hong Kong (titoli H, Red Chips e P Chips). Lanciato addirittura nel 2004, dal lancio questo ETF porta a casa una performance del 170% che paradossalmente era la stessa già accumulata nel 2007 prima della crisi immobiliare americana e nel 2015 prima della svalutazione cinese dello yuan.
Concentrato prevalentemente su due settori, beni voluttuari (32%) e finanziari (25%), le prime 10 partecipazioni coprono il 60% del fondo con Alibaba e Meituan che, assieme a Tencent, coprono quasi il 30% del paniere.
Una bella differenza rispetto a Msci China che investe in un numero di azioni che supera quota 750 titoli in portafoglio. Sempre ad accumulazione e replica totale, Msci China ha una vita più recente e dal lancio in versione Ucits nel 2019 risulta ancora essere un investimento negativo quanto a performance. L’indice Msci China replica le società cinesi più grandi (titoli A, titoli H, titolo B, Red chips e P chips).
Cambia il panorama settoriale per Msci con i beni voluttuari a fare sempre la parte del leone con il 30%, seguiti però da telecomunicazioni al 15% e finanza al 15%. Sempre la triade Tencent, Alibaba e Meituan a capeggiare le fila per un quarto del portafoglio complessivo, con le prime 10 società che pesano però per il 40%. Maggiore diversificazione anche se i risultati non appaiono così diversi.
Se Ray Dalio avrà ragione sulla Cina, l’opportunità per investitori di lungo periodo sembra essere indubbiamente interessante anche lato fondamentali con multipli decisamente interessanti (12 il rapporto prezzo utili di Msci China). Certamente la concentrazione e l’ingerenza in molte società da parte del Governo di Pechino rappresentano un freno al potenziale di questi due ETF sui quali sta puntando uno degli ETF più celebri al mondo.