Uno dei fattori di rischio determinanti quando si comprano obbligazioni è la duration modificata. Numero che il più delle volte non è osservato dagli investitori, più attenti al rendimento a scadenza o al nome esotico del sottostante.
In realtà, questo è proprio il fattore di rischio (assieme a quello di credito e valutario) che presenta il conto più salato quando la direzione dei tassi di interesse non è più ribassista come quella degli ultimi 40 anni.
Se poi si parte da livelli di cedole a zero ecco che la sensibilità ai rialzi è altissima innescando fenomeni di perdita in doppia cifra come quelli rilevati negli ultimi 12 mesi su ETF con sottostanti obbligazioni a scadenza lunghissima.
Obbligazioni: ecco gli effetti di investire in ETF con duration modificata
Un esempio di cosa è successo lo possiamo vedere sull’ETF di Xtrackers Eurozone Government Bond 25+ (ISIN LU0290357846), probabilmente lo strumento che investe sulle scadenze più lunghe dell’intero panorama dei titoli di Stato europei.
Il paniere annovera bond governativi della zona euro e con una scadenza superiore ai 25 anni. Ad un costo sicuramente molto basso di 0,15% l’anno, il prodotto offre all’investitore la duration modificata. La regola dice che per ogni 100 punti base di rialzo nei tassi di interesse provocano una perdita di prezzo dello strumento nell’ordine di circa del il di duration.
Quindi se questa è 5 allora la perdita sarà stimabile in circa il 5%. A dire il vero dovrebbero entrare in gioco altri fattori come la convessità dei titoli, ma essendo comunque un’influenza minimale in questo articolo sorvoliamo sul tema.
La duration modificata del nostro ETF per effetto di scadenze lunghe e rendimenti bassi è superiore a 23 con un rendimento a scadenza dei titoli sottostanti di poco superiori all'1,5%. Un rischio altissimo. Dopo un 2021 in perdita del 10%, dopo appena tre mesi del 2022 questo ETF sta già accumulando perdite per oltre l’11%.
Uno scenario da incubo che però rende la teoria perfettamente calzante con la pratica osservando la duration si partiva. Francia e Italia fanno il 60% del portafoglio seguite da Germania (13%) e Spagna (13%).
Il grafico dell’ETF ci dice tanto. Il massimo assoluto del 2021 è ormai alle spalle con la trendline rialzista in essere dal 2011 che è stata messa sotto pressione. La rottura verso il basso è in corso e sembra che le quotazioni stiano dando vita ad una figura di testa e spalle.
L’impressione è che il minimo definitivo non sia ancora arrivato e che il downtrend potrebbe aver deciso di tornare in grande stile su un mercato che non visitava da decenni e che ora conosce la parola rischio.