JP Morgan decide di puntare sul mercato degli ETF ma in versione attiva. Con società del calibro di Vanguard e BloackRock che presidiano assieme a State Street un’ampia fetta del mercato dei passivi, il solo modo per cercare di scavare una nicchia nel sempre più ricercato mondo degli ETF è quella di puntare su qualcosa di originale. E in questo caso l’originalità sta nell’attivismo dei due ETF Global Aggregate Bond lanciati in versione cambio aperto e coperto dalla casa d’affari americana.
I due ETF sono stati lanciati di recente sulla Borsa italiana e cominciamo subito ad analizzare la politica di gestione. Come emerge dal KID l'obiettivo del Comparto è conseguire un rendimento a lungo termine superiore a quello del Bloomberg Global Aggregate Index Total Return USD Unhedged investendo attivamente in prevalenza in un portafoglio di titoli di debito investment grade, su scala globale, tramite derivati per assumere un'esposizione agli attivi sottostanti ove previsto.
Quindi abbiamo chiaro il perimetro che come per tutti i global aggregate è l’universo dei titoli di stato e delle obbligazioni corporate globali. Però c’è subito una interessante precisazione da parte di JPM.
Il Comparto intende investire almeno il 67% del proprio patrimonio (escluse le attività detenute a fini di liquidità accessoria) in titoli di debito investment grade (compresi ABS/MBS), direttamente o tramite l'utilizzo di derivati.
Quindi almeno i due terzi dell’ETF saranno investiti in titoli investement grade e saranno compresi anche i famigerati (nel 2008) titoli ABS e MBS. Non è chiaro cosa significa per il restante terzo del portafoglio. Che saranno consentiti anche titoli high yield.
Oltre a raccontarci che almeno il 10% del portafoglio sarà investito in strumenti di liquidità, il KID ci fa anche scoprire la natura ESG del portafoglio. Il Comparto include sistematicamente l'analisi ambientale, sociale e di governance ("ESG") nelle decisioni di investimento riguardanti almeno il 75% dei titoli governativi dei mercati emergenti e non investment grade e il 90% dei titoli investment grade acquistati. In base all'analisi ESG del Comparto, almeno il 51% del patrimonio del Comparto è investito in emittenti che presentano caratteristiche ambientali e/o sociali positive e che applicano prassi di buona governance, misurate attraverso la metodologia di punteggio ESG proprietaria del Gestore degli Investimenti e/o da dati di terze parti.
Quindi almeno la metà del portafoglio sarà presidiata in versione ESG (il che vuole dire che il 49% non lo sarà, probabilmente per continuare ad acquistare emittenti “controversi” e la metodica di selezione sarà decisa dal gestore che deciderà i punteggi da attribuire ai vari emittenti. Attivismo nell’attivismo insomma. Presente anche un filtro che esclude paesi o società in produzione di armi controverse, carbone termico, tabacco e altri.
ETF attivi di JP Morgan: attenzione ai costi
Se l’attivismo nella gestione è ricordato anche in altri parti del KID, quello che però sorprende sono i costi. Decisamente elevati per essere un ETF visto che il KID indica addirittura in 0,7% le spese correnti. Siamo a livelli di un ETF tematico o di geografia regionale, troppo per un ETF obbligazionario aggregate dove l’alfa del gestore è merce molto rara.
Sorvoliamo per il momento sul portafoglio che nei prossimi mesi potrà fornirci qualche indicazione in più sul reale attivismo dei gestori, ma nel complesso questi nuove ETF di JPM non sembrano per ora fornire dati in grado di renderli preferibili ai tradizionali global aggregate bond passivi già quotati i cui costi sono contenuti nell’ordine dello 0,1% annuo con replica fisica. Abbastanza fumosa poi la politica di gestione che sembra tenersi le maglie piuttosto larghe sia su qualità degli emittenti che su grado di sostenibilità ESG. Confido in un miglioramento della chiarezza comunicativa nelle prossime emissioni “attive”.