Il settore delle commodity comprese nella categoria metalli industriali da oltre 3 anni ristagna sui minimi di prezzo. Complice il rallentamento cinese e, ultimamente, il timore di dazi in arrivo dagli Stati Uniti, questo specifico sub settore di una più ampia asset class commodity ha deluso chi credeva in una salita dei prezzi.
L’ETC di WisdomTree Industrial Metals è infatti sotto di oltre il 6% nell’ultimo triennio, confermando le difficoltà di un paniere di materie prime composte da rame per il 37%, alluminio per il 27% e poi zinco, nickel e ferro.
Se però andiamo a vedere cosa è successo in Borsa a due ETF che in teoria dovrebbero investire in aziende minerarie, o comunque molto legate all’evoluzione dei prezzi dei metalli industriali, scopriamo che è andata diversamente.
XTrackers World Materials ha ottenuto il 16% di performance contro il 50% ottenuto da un azionario globale. Un gap di performance che si fa meno pesante, pur rimanendo ampio, a distanza di 5 anni con l’equity globale a +80% e i materials che si fermano a 55% di apprezzamento.
Ma i materials forse non sono esattamente ciò che stiamo cercando nella ricerca di qualche cosa che segua l’andamento dei metalli industriali. E la presenza di alcuni nomi nella top ten ci fanno capire perché.
Società come Linde, con un peso del 9%, appartengono al settore chimico. Le stesse Air Product, Air Liquide ed Ecolab non sono propriamente legate al settore minerario come invece BHP oppure Rio Tinto, anch’esse presenti tra le prime 10 società dell’ETF.
VanEck Global Mining: attenzione all'uscita dall'area triangolare
Quindi dovremo guardare altrove e forse l’unico ETF con una sufficiente capitalizzazione di mercato e storia che può essere considerato soddisfacente per investire nel settore minerario senza puntare esclusivamente a quello aurifero dove sono presenti tanti ETF, è il prodotto di VanEck Global Mining che replica l’indice S&P. E qui la performance 3 anni comincia ad avvicinarsi molto a quello dei metalli con un guadagno di appena il 6%. Decisamente più vicini all’azionario mondiale se invece confrontiamo la performance a 5 anni dove il distacco è contenuto a 16 punti percentuali.
L’ETF replica l’indice S&P Global Mining Reduced Coal che, come possiamo ben intuire, conferisce connotati ESG allo strumento. A replica fisica con un costo annuo dello 0,5%, il Global Mining raggruppa quasi 130 società globali attive nel settore minerario anche se le prime 10 partecipazioni rappresentano il 50%. Canada e Australia sono i due paesi più rappresentati con un peso rispettivamente del 30% e del 24% seguite da Stati Uniti e Sud Africa.
BHP, Rio Tinto, Freeport, Glencore, Newmont sono le prime 5 società di un ETF che vanta multipli contenuti. Il rapporto prezzo utili di 15 e un rapporto prezzo valore di libro inferiore a 2 lo testimoniano. La volatilità annua dell’indice è elevata (28%) e la correlazione con l’indice S&P500 è di 0,85.
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La configurazione grafica dell’ETF sembra suggerire la possibilità di una lunga fase di accumulazione in corso dopo i rialzi del 2020-2022. Un’uscita da questa fase triangolare a massimi e minimi convergenti aprirebbe le porte ad un bull market per un settore molto snobbato nell’ultimo triennio.