Energie pulite o non pulite? Questo è il dilemma e questo è il quesito che molti risparmiatori si pongono di fronte a due ETF che investono in settori percepiti in modo molto diverso dagli investitori. Bello, pulito e dal futuro radioso la cosiddette clean energy; brutto, sporco e puzzolente la cosiddetta oil&gas energy.
Green energy vs old energy: cosa dice la Borsa
Ma come sono andate in Borsa le società che operano in queste differenti forme di energia? Se guardiamo a distanza di 5 anni il risultato dell’ETF Xtrackers MSCI World Energy appare deficitario, con un incremento di valore in versione total return di appena il 38%. Ben 65 punti percentuali in meno rispetto alla versione clean energy di iShares. Ma come sempre il diavolo sta nei dettagli, in questo caso negli effetti del Covid. La drastica caduta dell’interesse verso le energie pulite da inizio 2021 a oggi porta ad un bilancio negativo del 35% l’ETF di iShares e ad uno spettacolare +140% quello delle energie fossili.
I ruoli si sono esattamente ribaltati, confermando che in un lustro un portafoglio bilanciato tra i due strumenti sarebbe stato la scelta di diversificazione migliore per catturare il tema secolare delle new energy un pò rinsecchito negli ultimi tempi e la rinascita della old economy petrolifera. L’ultimo semestre sembra ancora più interessante per i graficisti, con una tendenza declinante per entrambi gli ETF che potrebbe essere la giusta occasione per accumulare posizioni all’interno di un mercato decisamente tornato a guardare con favore alla tecnologia nonostante i ripetuti rialzi della FED sui tassi di interesse.
Performance negative ma vera decorrelazione
Da inizio anno i due settori sono negativi per motivi diversi: timori di recessione e calo nel prezzo del petrolio per il world energy, profit warning e costi alle stelle per il clean energy. La composizione settoriale e fondamentale dei due appare però effettivamente decorrelata e utile per cavalcare comunque il tema energia senza perdere opportunità.
Per l’ETF World Energy le prime 10 partecipazioni occupano il 60% del portafoglio e gli Stati Uniti occupano a loro volta il 60% del peso. Con un rapporto prezzo/utili forward di 9, le azioni del settore non sembrano essere certamente care.
Quello della concentrazione su poche azioni è un problema che coinvolge anche il Clean Energy, con le top 10 che occupano il 50% di peso nel portafoglio. Qui gli Stati Uniti non arrivano al 40% con le novità Cina, Israele e Danimarca che occupano il 30% del portafoglio. Secondo la metrica del PE, fondamentali numericamente doppi rispetto al tradizionale Oil&Gas ma non carissimi considerando che il settore ancora oggi è annoverato tra il growth.
Per fare una sintesi appare quindi decisamente interessante l’idea di costruire una specie di bilanciato settoriale fai da te con questi due ETF. I due settori, tradizionale e innovativo, appaiono decorrelati e soprattutto sembra interessante anche la ripartizione geografica degli strumenti. Ideale per chi vede nell’energia uno dei motori di crescita del prossimo decennio senza dimenticare l’importante fattore diversificazione.