In un articolo che ho scritto un paio di mesi fa l’ETF che investe nella Borsa del Vietnam era finito in cima alla classifica degli strumenti più costosi a replica passiva quotati in Italia. Sacrificio necessario per chi vuole investire in Borse remote e facenti parte di quel drappello di mercati che ancora non possono essere catalogati come emergenti e che trovano comunque negli indici più generici un peso molto modesto.
La notizia positiva per la Borsa del Vietnam è che di recente l’indice locale ha superato i massimi del 2018. Un break rialzista della resistenza che sembra suggerire l’opportunità per l’investitore di rimanere o entrare in un mercato che sta assumendo un ruolo sempre più cruciale nella diversificazione delle fonti di produzione dei Paesi occidentali.
Dopo l’esperienza Covid e la guerra dei dazi, Stati Uniti e Europa guardano anche al Vietnam come alternativa alla Cina per la produzione a basso costo di diversi beni di consumo. In valuta locale il Vietnam Ho Chi Minh Stock Index nel solo 2021 ha realizzato un eccellente +13% (dati al 19 luglio 2021) che diventa +45% a 12 mesi.
L’aspetto positivo della vicenda è che anche trasformando l’indice da valuta locale in euro la performance rimane rilevante. Il +41% a 1 anno si incastra nel +88% a 5 anni, ovvero un eccellente +13,5% annuo composto tenendo in considerazione anche la conversione da cambio locale a euro.
Le banche locali sono state le vere trascinatrici di questo indice asiatico, banche che ritroviamo presenti con un peso del 10% nell’unico ETF quotato in Italia, ovvero Xtrackers FTSE Vietnam (ISIN LU0322252924). A livello settoriale infatti bisogna tenere conto che il settore del real estate riveste un peso importante all’interno del paniere investibile rappresentando un terzo del portafoglio. Seguono i beni di consumo con il 25% e gli industriali con il 15%. L’indice a sua volta è particolarmente concentrato visto che le prime tre azioni, Vinhomes, Vingroup e Vietnam Dairy Products fanno assieme il 45% del portafoglio.
L’indice benchmark come vediamo in realtà non è il tradizionale MSCI bensì il FTSE. Questo modifica un po’ le performance. Ad esempio a 12 mesi il risultato dell’ETF parla di un pur sempre lusinghiero +45%. L’ETF di Xtrackers è a replica sintetica (come molti ETF sul mondo sub emergente) con spese correnti dello 0,85% e uno spread denaro/lettera non eccezionale per chi volesse impostare piani di accumulo. Tra gli aspetti positivi di questo ETF la capitalizzazione superiore ai 350 milioni di euro ed una storia di tutto rispetto essendo ormai in commercio dal 2008.
In conclusione possiamo dire che, per coloro che volessero investire in borse emergenti alternative, l’ETF di Xtrackers offre la possibilità di cavalcare una nuova tigre asiatica con uno strumento a replica passiva adeguatamente capitalizzato. Tra i difetti oltre al costo, la scarsa diversificazione settoriale e di società all’interno del paniere.