Il mondo delle materie prime è stato oggetto di molte attenzioni nelle ultime settimane da parte di investitori alla ricerca di asset alternativi di investimento per proteggersi dal rischio inflazione. Le commodity vengono da anni di costante calo nelle quotazioni, elemento che ha inciso nel corposo rimbalzo dei principali indici, i quali negli ultimi 12 mesi hanno messo a segno performance non indifferenti. Per fare un esempio, il Bloomberg Commodity Index ha segnato un +33% (in dollari) dopo un anno dai minimi di marzo 2020.
Ma è questo il benchmark da utilizzare per capire come sono andate le materie prime? Il dibattito si apre perché lo storico CRB Index ha realizzato un ben più interessante +55%. Esistono poi altri indici sul mercato come il Goldman Sachs S&P Commodity Index (GSCI) piuttosto che il Refinitiv Equal Weight Commodity Index (CCI). Capiamo come è difficile indicare con un numero preciso quanto ha realizzato il mondo delle materie prime globale in termini di performance.
Analizziamo brevemente quelle che sono le differenze tra i due indici più rappresentati anche a livello di ETF quotati sui mercati. Il CRB Index e il Bloomberg Commodity Index.
ETF sulle materie prime: l'analisi degli strumenti principali
Cominciamo dalla composizione, quella che evidentemente pesa di più in termini di differenza nelle performance. Il CRB è un indice storico nato nel 1957 e composto da 19 commodity. La componente più “pesante” è quella legata al mondo dell’energia con il 39% del portafoglio. All’interno di questa il 23% dell’indice è rappresentato dal petrolio WTI.
Capiamo bene quanto incida la dinamica del prezzo dell'oro nero su questo indice. La restante composizione è fatta da 34% di materie prime agricole, 7% di allevamenti, 13% di metalli industriali e 7% di metalli preziosi. Teniamo ben presente anche quest'ultima differenza visto che comprando questo indice si compra solo il 6% di oro.
Alcuni aspetti tecnici comunque non irrilevanti. Il ribilanciamento è mensile con rolling che avviene tra il primo e il quarto giorno di ogni mese (il rolling è una delle componenti di costo più importanti all’interno di un ETF di questo tipo).
Per chi volesse investire nell’indice CRB, ora ridenominato Refinitiv CRB Index, esiste un ETF storico quotato a Milano ed emesso da Lyxor. Liquidità e dimensioni dell’ETF (oltre 700 milioni di euro con TER 0,35%) rendono interessante questo strumento (ISIN LU1829218749) per chi cerca un’esposizione diversificata alle materie prime con focus sull’energia e il petrolio in particolare.
Passando invece all’indice Bloomberg Commodity Index possiamo dire che questo è nato nel 1998, è composto da 23 materie prime e ha un ribilanciamento annuale con rolling mensile tra il sesto e il decimo giorno del mese. Qui la composizione settoriale è decisamente più spinta rispetto al CRB anche se la componente energie copre il 33% del portafoglio (ma il petrolio WTI pesa meno del 10%). Agricole al 30%, bestiame e metalli industriali allineati al CRB mentre i preziosi qui pesano per il 16% di cui oro al 12,5%.
Per chi volesse investire in questo indice Invesco offre un ETF (Invesco Bloomberg Commodity Index, ISIN IE00BD6FTQ80) a condizioni di costo particolarmente vantaggiose (TER 0,19%) con capitalizzazione superiore ai 700 milioni di euro. In questo caso la scelta può ricadere su questo strumento qualora l’investitore ricerchi una diversificazione più ampia con orientamento favorevole verso i metalli preziosi.
Come abbiamo visto quindi non tutti gli indici sono uguali. Questo vale anche per altri mercati, ma soprattutto per le materie prime dove fattori stagionali, di domanda e offerta, geopolitici, monetari, possono incidere in modo anche importante sulla dinamica dei prezzi di ciascuno settore.