Qualche giorno fa Invesco ha completato la sua gamma di ETF che investe in bond ibridi con un prodotto ad accumulazione dei proventi che si affianca a quello a distribuzione. Prima di capire cosa compone il portafoglio dell'ETF occorre fare un passo indietro capendo cosa sono le obbligazioni ibride, ossia strumenti di debito che si trovano a metà fra debito puro e azione e fra debito e capitale di rischio.
Bond ibridi: cosa sono, vantaggi e svantaggi
Tali prodotti sono generalmente più rischiosi delle classiche obbligazioni, ma permettono di avere un rendimento più sostanzioso. La protezione degli investitori è inferiore, in quanto se l'emittente andasse in default i titolari di bond ibridi si troverebbero in fondo alla lista dei creditori, sopra solo gli azionisti.
Un altro fattore penalizzante di questi strumenti è quello relativo alle cedole, che possono essere ridimensionate, rimandate o saltate nel caso in cui la società che le emette dovesse avere un periodo negativo.
Per quanto concerne la durata, questa è solitamente lunga, addirittura si possono trovare bond ibridi perpetui. Infine è da segnalare come detenere queste obbligazioni non consenta di avere diritto di voto alle assemblee dell'azienda che le rilascia.
Per gli emittenti questi prodotti risultano convenienti in quanto non vengono considerati uno strumento di debito puro e quindi non gravano sul rapporto tra debito e capitale come invece fanno i bond classici.
ETF su bond ibridi: ecco come investirci
Tornando all'ETF menzionato all'inizio dell'articolo, l'indice sottostante è il Bloomberg Barclays Euro Universal Corporate ex Financials Hybrid Capital Securities 8% Capped Bond, che replica obbligazioni societarie denominate in euro da parte di società attive nel settore industriale o delle utility.
Tutte le scadenze sono incluse e il rating minimo è Ba1/BB+. La ponderazione di ciascun singolo componente è limitata all'8%. Il costo dell’ETF è contenuto considerando la complessità degli strumenti (0,39%).
C’è però da dire che in questo contesto di mercato e soprattutto su questi strumenti, lo spread bid ask sulle obbligazioni sottostante, soprattutto nei momenti di volatilità di mercato, e quello dell’ETF stesso vista la scarsa capitalizzazione, possono rendere decisamente più oneroso lo strumento.
Se dal punto di vista settoriale industriali ed utility fanno la parte del leone rispettivamente al 62% e 18% del portafoglio, a livello di rating il tratto prevalente è quello delle BBB (60%). L’andamento degli ultimi 12 mesi di questo indice non è stato particolarmente esaltante, con una performance total return di quasi il 2% e un drawdown del 10% a marzo.
Se però analizziamo il comparto a 3 anni il rendimento annuo sale al 3,5%. In termini di ripartizione geografica Francia e Olanda si prendono la metà del portafoglio seguite dalla Germania con il 12% e la Gran Bretagna con il 10%.
Prevalenti i titoli perpetui. In assenza di indicazioni dal factsheet di Invesco ho cercato di capire i rendimenti a scadenza delle obbligazioni più pesate all’interno del paniere. Il bond Total 2,625% perpetuo offre un rendimento del 1% con call nel 2025.
Un po’ più ricco l'obbligazione British Petroleum 3,625% perpetuo, che arriva al 2,25% con call al 2029. Rendimento dell'1,75% per il bond Vodafone 3,10% perpetuo con call nel 2023. Guadagni non certamente esaltanti ma che nel mare di assoluta piattezza espressa dal mondo corporate investment grade attirano comunque gli investitori istituzionali.
Se vogliamo vedere infatti una qualità in questo ETF la intravediamo proprio nella possibilità di accesso per un cliente al dettaglio a strumenti acquistabili singolarmente solo da investitori istituzionali.