Una recente emissione del Tesoro italiano di un BTP inflation linked con scadenza 2031 ha riportato sul mercato dopo tanto tempo un nuovo bond indicizzato all’inflazione europea. L’Italia è praticamente l’unico Paese del Vecchio Continente ad aver agito in tal senso nell’ultimo anno.
La speranza è che questa emissione sblocchi anche altri Paesi ad alimentare un mercato decisamente avaro di nuova carta negli ultimi tempi. Dopo la fiammata dell’inflazione nel 2022 l’interesse dei ministeri del Tesoro ad emettere bond indicizzati è scesa ai minimi termini.
Adesso che i prezzi al consumo sembrano essere stati domati il MEF ha deciso di offrire una nuova emissione a tasso reale positivo. Anche sul mercato degli ETF ci sono però delle novità visto che UBS ha recentemente quotato uno strumento che investe sulle obbligazioni indicizzate con scadenza compresa tra 1 e 10 anni.
In realtà questa novità completa la gamma con un prodotto ad accumulazione visto che la versione a distribuzione è già quotata dal 2017. È anche l'occasione per confrontare il tradizionale ETF su bond euro inflation linked con questo prodotto a duration controllata e teoricamente più bassa.
Secondo la scheda del prodotto a distribuzione di UBS, la duration modificata è di 4,7 anni. Prendendo lo strumento di iShares Euro Inflation Linked Government Bond annotiamo una duration di 7,7 anni.
La differenza si vede tutta avvicinando il prodotto di UBS a quello che dovrebbe essere un ideale fondo che investe in bond indicizzati, catturando l’inflazione e riducendo al minimo il rischio tasso di interesse.
Per le loro caratteristiche i bond inflation linked, infatti, sono composti da una cedola fissa e da una cedola variabile indicizzata all’inflazione. Se la variazione dei prezzi al consumo, soprattutto le aspettative su di essa per il futuro, fa oscillare il prezzo dei bond, anche la variazione dei tassi di interesse sul mercato incide sul prezzo.
Le oscillazioni, positive o negative che siano, si fanno tanto più marcate quanto più lunga è la duration. Disturbando così la replica della sola voce inflazione e smarrendo l’investitore.
Un comportamento evitabile mantenendo fino a scadenza l’obbligazione inflation linked, ma inevitabile per questa tipologia di ETF legati al costo della vita. Emblematico è quello a cui si è assistito a partire dal 2022, con perdite rilevanti nonostante un’inflazione in doppia cifra. Riducendo la duration il “buono” sarebbe stato trattenuto con maggiore efficienza.
E confrontando i due ETF lo scopriamo abbastanza agevolmente. Negli ultimi 5 anni l’ETF di UBS Eur Inflation Linked 1-10 ha raccolto una performance del 12% contro il 5% dell’ETF a duration aperta di iShares. Anche dal 2017, data di quotazione dell’ETF di UBS, rimane comunque un vantaggio per quest’ultimo di circa 3 punti percentuali di performance.
Pur abbracciando due periodi, uno di tassi in calo e inflazione modesta e uno di tassi in aumento e inflazione elevata, la minore volatilità dell’ETF di UBS (2,7% contro 3,7%) si è tradotta in un vantaggio di rendimento. Quindi la quotazione del prodotto di UBS in versione accumulazione possiamo prenderla sicuramente come una buona notizia.