Esistono da tempo ETF che permettono agli investitori di filtrare a monte la responsabilità sociale dell’investimento. Tutti gli ETF che nella loro descrizione hanno l’etichetta SRI (Sustainable and Responsible Investment), come indica la descrizione estesa, hanno come caratteristica fondamentale quella di escludere da un indice principale alcune società che non soddisfano certi requisiti “etici” fondamentali nei valori di chi sta cercando di mettere a frutto i propri risparmi.
Sono ormai svariati gli ETF che investono utilizzando questi filtri SRI, ma pochi giorni fa analizzando gli strumenti passivi che investono nel mondo azionario emergente, con mia grande sorpresa ho notato il cratere di performance che si è venuto a creare tra ETF emerging market SRI e il classico ETF che invece non mette nessun filtro all’ingresso dei titoli in portafoglio.
Per fare questa analisi ho confrontato due ETF di iShares che replicano l’indice Msci Emerging Market, il primo in versione standard, il secondo in versione SRI con una storia che comincia già dal 2016.
Msci Emerging Market: il confronto standard vs SRI
Il risultato è già clamoroso a distanza di 1 anno. La versione SRI guadagna il 4%, quella standard il 12%. Un gap che si mantiene a distanza di 5 anni (14% a favore della versione standard) e che si allarga al 17% partendo dal 2016. Quindi è successo tutto nell’ultimo anno.
Il 2023 è stato l’anno nel quale si è aperto un gap importante di performance. Mentre il classico ETF emerging market ha guadagnato quasi il 7%, la versione SRI ha perso oltre 1 punto percentuale. Ma anche nel corso del 2024 il gap prosegue.
A livello settoriale non ci sono grandissime differenze che quindi spiegano questo gap di performance. La tecnologia pesa per il 24% nella versione SRI e 23% in quella standard. Anche la finanza (23% vs 21%) non sembra essere una discriminante rilevante.
Dove le differenze si fanno più marcate è a livello geografico. Mentre la versione SRI ha in Taiwan (27%) il paese più rappresentato seguito da India (18%) e Cina (13%), la versione tradizionale dell’indice azionario emergente capovolge la classifica con la Cina al primo posto con il 24% seguita da Taiwan (17%) e India (17%).
Ma è sui singoli titoli che notiamo le maggiori differenze. Se la concentrazione sui primi 10 titoli è equivalente (25% per l’indice tradizionale, 33% per quello SRI), osservando i primi 5 titoli in portafoglio notiamo subito che nella versione SRI mancano pezzi da novanta.
Se TSM è la società più pesante nell’ETF SRI con il 12% di peso (viene applicato un cap visto che il peso reale dovrebbe essere del 35%), Tencent, Alibaba e Samsung sono assenti e sostituite da Infosys, Meituan e Bharti.
A questo si aggiunge anche un ulteriore elemento. Vero che la concentrazione sui primi 10 titoli non è tanto differente, ma mentre l’indice SRI contiene al suo interno 234 titoli, quello tradizionale supera i 1.300.
La somma di queste diversità, minore diversificazione e differenze geografiche, sommate alla presenza o assenza di certi titoli può essere considerata la responsabile principale di questo importante gap di performance che si è venuta a creare nell’ultimo anno. Ogni investitore deve mettere in preventivo quando acquista questo tipo di prodotti che, nel bene o nel male, la componente attiva legata alla selezione dei titoli sulla base di filtri può generare delle importanti differenze di performance nel breve come nel lungo periodo.