E se quella che ci sta concedendo il mercato fosse l’ultima finestra di uscita prima di una nuova ondata di vendite sui bond? Scenario escluso dai più per le note attese di taglio nei tassi da parte delle banche centrali a fronte di un’inflazione in moderato rientro e venti di recessione economica che sembrano comunque ancora spirare all’orizzonte. Ma scenario che i graficisti non possono escludere a priori osservando l’andamento dell’ETF di Amundi Euro Government 10-15 anni.
Uno dei primi ETF della storia europea (lanciato nel 2004), ad accumulazione e con spese correnti modeste di 0,15% assieme a masse amministrate che sfiorano il miliardo di euro, l’ETF sta infatti ritornando a ridosso di livelli di prezzo molto importanti come si può apprezzare dal grafico.
Qui non solo passa la media mobile a 200 giorni, ma anche i minimi del 2017 e del 2018 che servirono da trampolino di lancio per i massimi storici del 2020. Un picco al quale molti investitori sono rimasti legati ma che dista oltre il 25% dai livelli attuali.
Amundi Euro Government 10-15 anni: la composizione di questo ETF
ETF dai noti limiti legati alla duration sostanzialmente costante e soprattutto all’obbligo per il gestore di vendere i bond che scendono sotto una certa scadenza, questo ETF naturalmente amplifica i guadagni nei momenti di generale ribasso dei tassi. Ed è quello che si aspettano i suoi investitori che mirano a speculare proprio su questa dinamica dei rendimenti dei titoli di stato.
Francia e Italia insieme rappresentano il 44% dell’ETF, seguiti dalla Germania con il 12% per una duration modificata che Amundi ci comunica essere superiore a 10 per un rendimento a scadenza lordo in zona 3%. Questo significa che un nuovo rialzo dei tassi di 1 punto percentuale più che triplicherebbe come perdita il guadagno in conto cedolare.
Dal suo lancio 20 anni fa l’ETF ha realizzato un utile che sfiora il 100%, zavorrato però da un ultimo lustro con -16%. Performance in tripla cifra che annualizzata si traduce in un ben più misero 3,3% comunque in grado di compensare l’inflazione media dell’ultimo ventennio.
Operativamente parlando non ci sentiremmo di giocare sul ritorno ai tassi molto bassi degli ultimi anni in Europa.
Le spinte inflazionistiche di deglobalizzazione, tensioni geopolitiche e rientro delle delocalizzazioni, si scontrano con fattori pro deflazione come demografia e tecnologia. Il bonus però di inizio secolo sembra essere stato utilizzato e le Banche centrali dovranno saper dimostrare di governare le fiammate di inflazione non potendo più lavorare con il pilota automatico come accaduto dopo la crisi del 2008. L’inefficienza del prodotto e la sua elevata componente speculativa mi spingono per questo a tenere in dovuta considerazione i livelli di prezzo raggiunti oggi dall’ETF.