Uno degli aspetti che sta emergendo con forza dall’analisi dell’andamento degli ETF Smart Beta o fattoriali è la sottoperformance di quelli che dovevano essere i fattori a maggiore potenziale come gli studi di Fama-French hanno confermato negli anni, ovvero il value e le mid e small cap. Rispetto ad altri fattori che nel corso del tempo hanno affiancato quelli che sembravano mostri sacri dell’asset allocation le attese degli investitori erano alte, ma per ora sono andate deluse.
Negli ultimi 5 anni gli ETF Smart Beta che investono su quality, momentum e minima volatilità hanno fatto meglio di value e mid cap. E non di poco.
Osservando gli ETF globali di iShares balza subito all’occhio il ritardo notevole collezionato da size e value (+20% e +25%) contro, ad esempio, un fattore qualità salito di oltre il 60% in 5 anni. Meglio seppur di poco dell’azionario globale (dati al 26/06/2023).
Se processo di ritorno verso la media ci sarà allora bisognerebbe vendere quality a favore dei due ritardatari anche se tanti investitori si chiedono se questa ricetta, ovvero l’investimento in azioni sottovalutate e di media e piccola capitalizzazione sia ancora una strategia vincente oppure troppo inflazionata e senza più quel premio per il rischio riconosciuto anni fa dal mercato.
Come sempre sarà il lungo periodo a darci una risposta, ma oggi ho deciso di analizzarli tutti e tre gli ETF fattoriali per capire le loro prospettive. E graficamente non sembrano affatto male.
ETF Smart Beta: come si stanno comportando
Prima però un breve riepilogo di cosa fanno nella vita questi ETF. Il Quality investe in azioni mondiali selezionati in base a tre principali indicatori di ponderazione per definire se una società sta dimostrando di avere caratteristiche di alta qualità: elevato ritorno sul capitale, bassa leva finanziaria e crescita degli utili stabile. Il Value pesca tra i titoli dell’indice Msci World titoli che hanno un fattore valutativo basato su tre variabili: prezzo-valore contabile, prezzo-utili attesi e valore aziendale-flusso di cassa operativo. Infine il Size che è una replica i titoli azionari di media capitalizzazione presenti su Msci World.
Andiamo al grafico che, come scritto poco fa, è invitante. Sembra che tutti e tre i fattori stiano vivendo la più classica delle fasi di accumulazione dopo una correzione cominciata nell’autunno 2022.
Il segnale più forte sembra averlo già dato il quality (grafico di sinistra) con la violazione della linea di tendenza ribassista. Ma quello più vicino ai massimi del 2022 è il value (grafico inferiore). Più in difficoltà il fattore size che segue a ruota le difficoltà delle small caps globali. Per tutti e tre questi fattori i massimi pre Covid hanno rappresentato un eccellente supporto e si spera a questo punto trampolino di lancio verso l’alto.
Il fattore quality è vincente anche osservando le performance dell’ultimo anno con la presenza di Stati Uniti al 67% e Svizzera al 7% che, tramite azioni come Microsoft, Apple, Meta, Nvidia e Nestle, sta decisamente facendo meglio di fattori come il size. In questo fattore al settore informatica si sostituiscono gli industriali quanto a peso percentuale ed un peso di Stat Uniti decisamente più contenuto (34%) seguito dal Giappone (17%). La sottoperformance è spiegata anche da questo e da un peso di titoli molto più frammentato rispetto al Quality dove società come Apple e Microsoft fanno il 7% del totale.
Per gli amanti della diversificazione vale poi la pena ricordare la presenza anche di un ETF multifattoriale globale sempre di iShares che va ad equipesare questi quattro fattori. Obiettivamente il risultato non appare però molto promettente. Pesante il ritardo accumulato a distanza di 5 anni rispetto ad un classico azionario globale, praticamente la metà della performance.
Vero che 5 anni non sono un lungo periodo, ma il gap sembra essere importante per avere una buona confidenza su questo tipo di investimento.