Non solo nuove emissioni, ma anche conversioni di ETF passivi in ETF attivi. Questa la tendenza che lentamente, ma inesorabilmente, sta avanzando nell’industria del risparmio gestito originariamente considerata esclusivamente a replica passiva. La recente notizia della trasformazione di un ETF di HanETF da passivo ad attivo è la conferma.
Nello specifico si tratta dell’ETF dal ticker inequivocabile, TRIP, che fino ad oggi ha replicato l’indice Solactive Travel (The Travel Ucits Etf). L’ETF che investe (o meglio sarebbe dire investiva) in modo passivo sulle aziende di tutto il mondo operative nel settore dei viaggi e del turismo, è stato lanciato nel 2021 sull’onda post pandemica che scommetteva sulla ripresa dei viaggi e dell’intero turismo. Dinamica che effettivamente c’è stata a livello reale, ma non tanto per l’ETF emesso da HanEtf. Dal lancio, infatti, la performance è stata nulla senza mai scaldare il cuore degli investitori visto che le masse amministrate non hanno mai superato i 20 milioni di euro.
Pur essendo la decisione soggetta ad approvazione di azionisti ed enti regolatori, nelle intenzioni dell’emittente ci sarebbe il passaggio da una gestione meramente passiva ad una attiva gestita da US Global Investors che già aveva messo un piedino nell’ETF con l’inclusione della strategia di un suo ETF (Us Global Jets) in Travel ETF.
Stando alle notizie circolate, la strategia attiva si baserà sulla selezione di società del settore tenendo conto di fattori come momentum e mean reversion.
The Travel ETF: attenzione ai cambiamenti con l'arrivo della gestione attiva
Fino ad oggi l’ETF risultava investito in un paniere diversificato di una settantina di azioni impegnate nei settori aerei, croceristici e alberghieri. Nomi come Ryanair, Airbnb, United Airlines, Carnival e Booking rappresentavano un bel biglietto da visita per chi voleva scommettere sulla ripresa del settore turistico.
Adesso cambiano adesso le carte in tavola, con la gestione attiva che potrebbe decidere di sovrappesare alcuni specifici campioni con ovvie conseguenze. La ricerca di alfa potrebbe determinare, nel bene o nel male, risultati migliori o peggiori di un ipotetico benchmark.
Un dato di fatto che certifica come un ETF, soprattutto tematico, non è per sempre. Il cambiamento delle regole è un qualche cosa che pende come una spada di Damocle su qualsiasi prodotto che nel giro di 3 anni non riesce a raggiungere masse critiche che l’industria stima in circa 40-50 milioni di euro per rendere sostenibile la gestione dell’ETF stesso.
Le commissioni di gestione come quelle di TRIP, 0,69% annuo, servono per coprire i costi fissi quando le masse amministrate arrivano a quel livello soglia sopra indicato, ma obiettivamente non sono accettabili da chi vuole investire con prodotti low cost come gli ETF. A meno che, come sta accadendo per diversi ETF, non venga sventolata la promessa della gestione attiva come fattore che possa giustificare il costo. Un prodotto svincolato da ogni benchmark di replica che rende il prodotto stesso a quel punto difficilmente misurabile quanto a performance relative dall’investitore.
La gestione attiva sugli ETF è un fenomeno che nei prossimi anni prenderà sempre più piede rivoluzionando l’intera industria. L’investitore finale deve tenerne conto anche di questo fattore quando compra strumenti tematici o molto specialistici come in questo caso. Quindi non solo il rischio delisting, ma anche il rischio cambio di politica di gestione che potrebbe alterare quella “promessa” fatta dall’emittente in fase di lancio.