La democrazia premia gli investitori in Borsa oppure è meglio investire in aree del mondo dove prevalgono i regimi autoritari? Una curiosa domanda che però può avere un senso alla luce di quello che sta accadendo in Medio Oriente dove, una seppur imperfetta democrazia come quella israeliana, sta affrontando una battaglia contro i terroristi di Hamas finanziati da regimi autoritari come quello iraniano.
Esiste un indicatore facilmente consultabile su Wikipedia che si chiama Democracy Index. Report gestito dall’Economist che si basa su un complesso questionario che mira a verificare il grado di perfezione di una democrazia con un punteggio da 1 a 10. Per avere un’idea della perfezione la Svezia ha il punteggio massimo con 9,8, mentre l’Italia si posiziona a 7,7 e la Cina a 2,9.
La democrazia ripaga gli investori?
Nella lista dei regimi non democratici troviamo oltre alla Cina, Paesi come il Vietnam oppure intere aree del mondo come quelle del Medio Oriente a partire dall’Arabia Saudita, il cui democracy index è di 1,9. Altri paesi emergenti come Brasile, Polonia e India hanno invece valori molto simili a quello italiano.
Ho deciso così di indagare le sorti di alcuni di questi emergenti per capire se la democrazia paga. Per farlo ho selezionato una serie di ETF quotati sulla borsa italiana.
Da una parte ho schierato Brasile, India, Messico e Sudafrica e dall’altra Cina, Arabia Saudita, Vetnam e Tailandia. Il risultato si ferma, purtroppo, a 3 anni di performance perché l’ETF che investe sul paese arabo non ha uno storico superiore.
Ma considerando che è proprio dal Covid in avanti che sono uscite allo scoperto diverse frizioni geopolitiche, e considerando che la Russia non è un mercato in questo momento quotato, i risultati sembrano confermare che la democrazia vince sui regimi autoritari.
Grazie al database di justetf.com scopriamo infatti che tre delle quattro democrazie emergenti (Messico, India e Brasile) con i punteggi più elevati di democracy index hanno realizzato performance superiori al 50%. Solo l’Arabia Saudita si infila nella tripletta con il grande merito che va ovviamente alla dinamica positiva del prezzo del petrolio.
Pessimo invece l’andamento di due regimi come quello vietnamita e cinese che non hanno raccolto nulla nell’ultimo triennio, ma anche la Tailandia fatica a tenere il passo delle democrazie emergenti.
Per chi è curioso di sapere come se la sono cavata le democrazie occidentali in questo lasso di tempo, posso dire che gli Stati Uniti si piazzano dietro i primi tre (+45%) e l’Europa dietro l’Arabia Saudita (+35%). Una classifica che conferma che la democrazia paga, non solo a livello sociale ed economico, ma anche in Borsa.