Si infiamma il Golfo Persico con le ostilità belliche tra Israele e Iran che si spera possano essere arrivate ad un punto di vera tregua, ma che inevitabilmente manterranno ancora a lungo alta la tensione nell’area.
Il prezzo del petrolio ha reagito salendo in maniera violenta e poi ritracciando sulla notizia della tregua, mentre i mercati azionari Medio Orientali hanno temporaneamente arrestato la corsa rialzista che dal 2020 sostiene il bull market prima di riprendere la marcia e ritoccare i massimi. A quanto pare i venti di guerra non hanno fatto male a questo ETF.
Il nostro punto di riferimento per questa analisi è l’indice Msci Emerging Emea Index che rappresenta 11 mercati emergenti di Medio Oriente, Europa dell’Est e Africa con una componente medio orientale massiccia.
ETF Borse Medio Oriente: più finanza che commodity
A dire il vero non esiste un ETF che replica in maniera fedele questo indice, ma Xtrackers offre dal 2007 un ETF molto simile che negli ultimi anni ha virato sulla componente ESG. Xtrackers MSCI EM Europe, Middle East and Africa ESG Swap replica l’indice MSCI Emerging Markets EMEA Low Carbon SRI Selection Capped che come è facile intuire effettua uno screening dei titoli sulla base di criteri di sostenibilità e responsabilità.
Dal lancio, ormai 18 anni fa, l’ETF raccoglie appena il 44% di performance total return peraltro completamente maturati negli ultimi 5 anni.
E come vediamo dal grafico di questo strumento passivo il 2024 è stato l’anno che ha finalmente fatto uscire i mercati azionari che popolano questo indice da un lunghissimo trading range.

Osservando la scheda mensile di Xtrackers scopriamo che, a differenza dell’indice Msci di cui abbiamo parlato all’inizio, c’è un peso rilevante di Sudafrica in portafoglio (44%) seguito dalla coppia mediorientale Emirati Arabi ed Arabia Saudita con il 10% ciascuno come la Polonia. Al 6% troviamo il Kuwait. Singolare la presenza della Grecia con il 5% essendo ancora oggi a distanza di anni dalla crisi del debito, considerato un mercato emergente.
Un ETF che, a differenza di quello che si potrebbe essere portati a credere, è molto più influenzato dalla finanza che non dalle materie prime. Il settore finanziario pesa, infatti, per i due terzi del paniere complessivo.
Per chi volesse ribilanciare un po' i pesi a favore del Medio Oriente allineandosi all’indice originale Msci dove l’Arabia pesa per il 28% davanti al Sudafrica con il 26%, potrebbe abbinare a questo ETF quello di iShares Saudi Arabia Capped lanciato nel 2019 e che negli ultimi 5 anni ha raccolto una performance del 45%.
Un investimento, quello nelle azioni quotate sui mercati emergenti del Middle East a cui si aggiunge sostanzialmente il Sudafrica e che negli ultimi 20 anni non ha realizzato una performance superiore a quella dei mercati emergenti nel loro complesso.
Seppur di appena mezzo punto percentuale, il distacco denota una scarsa redditività (anche relativa) di questa zona del mondo che sembra però appena uscita da un lunghissimo letargo.
Se graficamente la cosa promette bene, sembrano proprio essere le tensioni geopolitiche dell'intera area l'argomento che potrebbero paradossalmente offrire quella spinta necessaria nei prossimi anni per alimentare un classico fenomeno di crescita indotta da economia di guerra.