Sta per tornare il momento degli inflation linked bond? Stando all’analisi grafica che vedremo tra poco l’interesse per gli strumenti obbligazionari europei tipicamente utilizzati per coprire il rischio inflazione potrebbe essere arrivato ad un livello degno di nota.
Come sappiamo l’inflazione a livello globale sembra essere molto avversa a ritornare velocemente verso quella soglia del 2% considerata come neutrale dalle principali banche centrali. La risalita recente dei prezzi alla produzione negli Stati Uniti lascia molti dubbi sulle mosse di taglio dei tassi da parte della FED nei prossimi mesi. In Europa ci sono non poche incertezze circa il muoversi in anticipo sui tempi nonostante l’inflazione core ancora non sia stata capace di tornare sotto al 2%.
Gli inflation linked bond rimangono gli strumenti perfetti per eliminare il rischio di perdita del potere d’acquisto. Regola che vale se l’obbligazione acquistata direttamente arriva fino alla sua naturale scadenza, mentre per gli ETF questa “sicurezza” si scontra con il limite dello strumento gestito che replica un indice con una duration tendenzialmente costante.
ETF che investono in obbligazioni inflation linked: la sequenza di minimi crescenti lascia ben sperare
L’ETF Amundi Euro Government Inflation linked Bond ci permette di fare un’analisi con una buona profondità storica essendo lo strumento datato 2005. Dal lancio l’ETF ha guadagnato oltre il 60% offrendo copertura totale dell’inflazione europea.
Ovviamente i problemi sono soprattutto arrivati negli ultimi mesi quando la componente fissa degli inflation linked, il rendimento reale al momento dell’emissione, è diventata meno interessante alla luce del rialzo dei tassi di interesse attuato dalla BCE.
L’indice replicato dall’ETF è rappresentativo della performance di obbligazioni governative denominate in Euro e indicizzate all’inflazione, emesse da Stati dell’Unione Monetaria Europea con almeno 50 miliardi di euro di obbligazioni emesse. Le obbligazioni devono avere una scadenza di almeno 1 anno e un ammontare in circolazione di almeno 500 milioni. La scarsità degli strumenti presenti in Europa riduce a soli 37 i titoli in circolazione per una duration di circa 8 anni.
La sensibilità dell’ETF al movimento dei tassi è facilmente visibile sul grafico che mostra l'andamento percentuale della performance dal 2005 a oggi. La Francia geograficamente fa la parte del leone con il 44% dei titoli seguiti dall’Italia al 30%. Visti i recenti movimenti di allargamento degli spread rispetto al Bund tedesco il premio per il rischio offerto da questi bond è aumentato.
Ma veniamo a quella che sembra essere la parte più interessante della storia, essendo in questo momento storico presenti rendimenti reali positivi sul mercato teoricamente in presenza di un picco sui tassi.
Le quotazioni dell’ETF sono ormai entrate in stallo da mesi e la sequenza di minimi crescenti lascia ben sperare che quella attuale sia una fase di accumulazione alla quale dovrebbe fare seguito una nuova ripartenza verso l’alto.
L’ultima scheda mensile dell’ETF indica in 3,76% il rendimento incorporato nel portafoglio. Al netto di una inflazione attesa del 2/2,5% un rendimento reale, comunque, abbondantemente positivo che può risultare interessante per chi ha orizzonti temporali superiori ai 10 anni.