Uno dei mercati azionari che guarda con maggiore interesse alla ripresa cinese è quello australiano. La domanda di metalli e materie prime in arrivo da Pechino è più modesta rispetto al passato e questo spiega la difficoltà anche del dollaro australiano nel riuscire a recuperare posizioni rispetto al dollaro americano.
I prezzi di rame e ferro sono un esempio lampante di come le ricchezze del sottosuolo australiano fatichino a trovare i favori dei cinesi in questo momento storico di ridotta crescita economica e deflazione, a testimonianza di una domanda interna fiacca. La grande manifattura e la grande miniera del mondo, Cina e Australia rispettivamente, sono legati a doppio filo. I recenti annunci di nuovi piani economici arrivati a Pechino fanno sperare in un miglioramento del contesto.
Banca centrale e governo hanno deciso infatti di muoversi con misure a supporto di mutui e mercato immobiliare, ma anche del mercato azionario garantendo ampia liquidità e del sistema dei prestiti bancari con un nuovo ritocco all’ingiù dei tassi di interesse e il calo dell’obbligo di riserve bancarie. La Borsa australiana spera che questo possa rappresentare un punto di svolta.
Borsa australiana: tutti guardano a Pechino
Non che le cose per gli ETF che investono nel Paese Pacifico siano andate così male nell’ultimo anno. Un guadagno superiore al 20% che però è cristalizzato se osserviamo anche il bilancio a tre anni. iShares Msci Australia replica fisicamente l’indice con quasi 60 società quotate in portafoglio.
Lanciato nel 2010 e con masse amministrate superiori ai 400 milioni di euro, questo ETF patisce il consueto vizio di concentrazione su pochi nomi. I primi 10 titoli in portafoglio rappresentano il 60% del paniere con finanziari e materials a fare ovviamente la parte del leone. I primi con il 37% del totale, i secondi con il 20%. E infatti i primi due nomi che troviamo nella top ten con oltre l’11% di peso a testa, sono una banca (Commonwealth Bank) e un minerario (BHP Group).
Come si può osservare dal grafico la Borsa australiana ha questa particolarità di salire a gradini con il doppio minimo 2016-2020 formalizzato nel 2021 e seguito da una nuova fase laterale violata (definitivamente?) in questo 2024. Neutre le valutazioni con un rapporto di prezzo su utili di 21 e di prezzo su valore di libro di 2,5.
Vale la pena ricordare che l’indice azionario australiano Msci solo nel 2021 è riuscito ad aggiornare e superare i massimi storici del 2007 quando l’effetto Paesi emergenti trascinò la Borsa australiana a livelli stellari poi destinati a rientrare dopo lo scoppio della grande crisi finanziaria.
Questo spunto rialzista relativamente recente va quindi incastrato in un quadro più generale che vede ancora come giovane un bull market che è vero è cominciato nel 2008, ma che solo da tre anni è riuscito a mettersi alle spalle la sbornia di inizio secolo. E se la Cina ripartirà l’Australia sarà il primo diretto beneficiario.