Uno dei temi tecnologici più offuscati dallo strapotere mediatico dell’intelligenza artificiale oggi e dalle criptovalute-blockchain ieri, è quello della Cybersecurity. E questo non necessariamente è un male. Da inizio anno gli ETF che investono in sicurezza informativa competono con l’azionario globale quanto a performance, ma anche per questo tema c’è ETF e ETF.
Vista la crescita tumultuosa dell’intelligenza artificiale in diversi settori industriali e dei servizi, il governo della sicurezza diventa ancora più pressante e allora perché non ripassare l’offerta attualmente presente sul mercato e capire le caratteristiche di questi ETF specializzati?
Virus informatici, truffe, spam, ogni giorno siamo alle prese con fastidiosi disturbi alla nostra quiete informatica. Poche settimane fa la Casa Bianca ha annunciato la nascita di una iniziativa di maggiore tutela dei consumatori nota come “U.S. Cyber Trust Mark”. Gli investimenti nel settore a livello globale si moltiplicano da parte di aziende desiderose di tutelare i segreti industriali in un’era alquanto competitiva e belligerante.
Gli ETF per investire nella Cybersecurity non sono tutti uguali
Gi ETF che presidiano questo tema sono diversi, ma solo due hanno masse amministrate degne di nota e che offrono in prospettiva una certezza di continuità nella quotazione. L&G Cyber Security, ETF da oltre 2 miliardi di euro di capitalizzazione, e First Trust Nasdaq Cybersecurity che arriva al mezzo miliardo di euro.
Costosi per essere dei tematici, rispettivamente 0,69% e 0,60% le spese correnti annue, i due ETF hanno però avuto andamenti divergenti negli ultimi 3 anni. First Trust ha tenuto il ritmo dell’azionario globale, seppur con una volatilità che sfiora il 25% contro il 15% di iShares Core Msci World, mentre L&G è in ritardo di quasi 30 punti di performance. Quale il motivo?
Entrando nelle schede dei due prodotti scopriamo che prima di tutto c’è una differenza geografica. Quasi l’80% di First Trust investe negli USA con qualche scampolo di Israele e Francia. Le prime 10 partecipazioni fanno quasi il 50% del portafoglio. Inferiore di 10 punti la presenza di Stati Uniti nell’ETF di L&G con Israele sempre buon secondo e con la top ten delle società che copre il 45% del portafoglio.
Anche numericamente il numero di società è simile aggirandosi attorno alla quarantina di azioni. E forse la risposta al nostro quesito sta proprio qui ed è comune a molti ETF tematici. I criteri di selezione delle società che compongono indici diversi sono discrezionali, vere e proprie gestioni attive, e quando 10 società fanno metà di un paniere comunque poco diversificato numericamente, bastano pochi casi particolarmente negativi di profit warning o problemi aziendali o di settore di varia natura, a zavorrare l’ETF per diverso tempo.
Un caso simile lo si è notato ad esempio con il celebre Invesco Blockchain, rimasto decisamente indietro rispetto ad altri ETF tematici come Global-X o Wisdomtree da inizio anno.
Il grafico dell'ETF di L&G si presenta comunque molto interessante con la linea di tendenza ribassista perforata nettamente al rialzo. Le prospettive si fanno interessanti. La lezione, ancora una volta, è comunque sempre quella.
La diversificazione ha un ruolo decisivo in qualsiasi investimento e in questi ETF tematici spesso è causa di successo o insuccesso. Difficile trovare una soluzione a questo annoso problema, se non quella di presidiare un tema con almeno un paio di ETF diversi tra loro ma che operano nello stesso macrosettore.