Il crollo di Netflix di oltre il 20% in un giorno è stato causato da una trimestrale deludente che ha riacceso i fari sugli ETF che hanno forti concentrazioni su singoli titoli. Un caso che era già emerso in passato con Tesla e che ora presenta nuovamente il conto a causa della caduta verticale di molti titoli growth.
Un vecchio adagio di Wall Street recita che in Borsa si sale con le scale e si scende con l’ascensore. Questo è quello che si sta vedendo per diversi ETF tematici che hanno fatto prima sognare e ora stanno facendo vivere notti da incubo a tanti investitori. I casi dell’ETF su Bitcoin BITO piuttosto che gli strumenti sulle energie pulite sono altri casi clamorosi di situazioni nelle quali la dura realtà ha sbattuto in faccia a investitori ingenui tutta la sua crudezza.
Netflix: ecco gli ETF dove è più presente
Ma torniamo a Netflix. Il colosso dei media è una gamba dei cosiddetti FAANG e lo troviamo ormai in moltissimi ETF. Grazie al sito etfchannel.com esiste la possibilità di vedere dove il titolo è più presente in termini di peso percentuale, almeno sugli ETF made in USA.
Tra i prodotti con una maggiore esposizione al titolo troviamo naturalmente quelli a tema internet come Invesco Nasdaq Internet dove il peso del colosso dello streaming video on demand è superiore al 5%. Per non parlare di quegli strumenti USA che investono esclusivamente nei FAANG.
Anche tra gli ETF italiani troviamo naturalmente esposizioni più o meno importanti sul titolo. Ad esempio nello SPDR US Communications Services la società americana di tv via streaming pesa per quasi il 5%. Tutto sommato neanche tantissimo se il prodotto fosse ben diversificato e distribuito tra un numero considerevole di società.
ETF come quello appena nominato hanno un numero tutto sommato decente di società presenti nel paniere (sono 27) con il piccolo e non secondario problema di trovare Alphabet al 24% e Meta Platforms al 20%. In questi casi alla volatilità attorno al valore dell’indice principale di un settore non propriamente value, si somma la dipendenza delle performance da una piccola manciata di aziende.
A volte va bene come negli ultimi anni altre volte meno, come sta accadendo ora legando le sorti del proprio investimento quasi esclusivamente a poche compagnie leader. Questo è uno dei motivi per cui è sempre meglio evitare strumenti gestiti con concentrazioni troppo marcate. Senza poi considerare un altro fattore spesso sottostimato dagli investitori.
ETF: ecco come evitare le concetrazioni di poche società leader nel paniere
Si seguono le buone regole di comprare gli indici principali (ad esempio S&P500) senza considerare che il peso specifico di alcune società già importanti viene ulteriormente amplificato nel caso di acquisto di indici settoriali dove le stesse società la fanno da padrona. Si somma esposizione naturale di mercato a esposizione di settore.
La lezione del crollo di Netflix è quindi una sola: diversificare al massimo un investimento evitando di concentrare troppo rischio su singoli settori/società. Ogni scommessa fuori dal benchmark di mercato andrà sempre ben ponderata sulla base del proprio portafoglio di investimento già costruito.