Il mondo degli ETF è sempre più dominato da due società: iShares (BlackRock) e Vanguard. La prima società è un vero e proprio colosso operativo anche nel mondo dei fondi a gestione attiva. La seconda è una pioniera del campo grazie al suo fondatore Jack Bogle, inventore dei fondi passivi.
La battaglia queste due aziende ha schiacciato diversi emittenti nel corso degli anni, costringendoli a manovre di prezzo e di marketing sempre più aggressive nel tentativo di ritagliarsi spazi vitali. La redditività ne ha risentito, costringendo diverse società a ristrutturazioni o a operazioni straordinarie sul capitale. La fusione recente tra Lyxor-Amundi ne è stato un esempio.
ETF: chi domina la distribuzione in USA
Negli Stati Uniti iShares si prende oggi un terzo della capitalizzazione di mercato degli ETF. Vanguard segue con il 28% e State Street resiste (grazie anche a fondi flagship come lo SPY) al 23%. Tutto il resto copre una percentuale di poco superiore al 15%, le briciole.
Come ha rilevato il blog klementoninvesting, anche nel mondo dei provider di indici si assiste oggi ad una concentrazione, se vogliamo ancora più marcata. S&P Dow Jones occupa la metà di quote di mercato negli Stati Uniti, seguita da CSRP e Russell che insieme fanno circa il 27% del mercato.
Questo monopolio nel mondo degli indici crea anche una situazione di maggiore onerosità per i gestori costretti ad andare dove vuole il consumatore. Questo il provider di indici lo sa, chiedendo commissioni più alte di quello che potrebbe fare in condizioni di concorrenza. Alcune ricerche hanno stimato in un buon 30% in meno il costo di licenza che un ETF potrebbe sostenere qualora il mercato fosse più aperto alla concorrenza.
ETF: chi domina la distribuzione in Italia
In Italia qual è la distribuzione tra provider nel mondo degli ETF quotati? Andando sul sito justetf.com, alla voce famiglia di indici, possiamo individuare quelli che per numerosità sono più presenti sul mercato italiano.
MSCI domina decisamente, con quasi il 40% degli ETF che utilizzano i suoi indici. Considerando che la società è operativa quasi esclusivamente sull’azionario, possiamo dire che questa asset class è decisamente del provider americano.
Più diversificato il mondo bond, con gli indici Bloomberg a fare la parte del leone con quasi il 20% di copertura degli ETF attualmente quotati a Milano (quasi 1.000). Seguono con numeri inferiori ai 100 indici replicati da provider come FTSE, Solactive, Stoxx e iBoxx. Tutto il resto è molto marginale per ora.
Si punta spesso il dito verso l’oligopolio che si è venuto a creare nel mondo dei gestori di ETF, mentre il tema dei provider è poco pubblicizzato pur essendo impattante in quanto rappresentativo di una voce di costo non indifferente per un ETF. L’augurio per il futuro è quello di una maggiore concorrenza che andrebbe a vantaggio dell’investitore finale in termini di efficienza e onerosità dei prodotti.
Ma il mercato cambierà nella prossima decade. La crescente quantità di denaro che affluirà grazie a nuovi cambiamente tecnologici imminenti (vedi ad esempio la blockchain) gli appetiti finanziari tra gli operatori del settore si risveglieranno. Una concorrenza che renderà sempre più strumenti a buon mercato gli ETF.