Spesso su queste pagine riprendo le notizie di alcuni delisting di ETF che, quando arrivano da pesi massimi eccellenti del carico di BlackRock, fanno ancora più notizia. Tra questi la notizia della decisione da parte della società americana di chiudere uno storico ETF lanciato nel 2008 e operativo nel settore delle infrastrutture ma limitatamente all’area geografica emergente.
ETF che non ha mai scaldato i cuori degli investitori visto che in tutto questo tempo non è mai andato oltre i 20 milioni di euro di masse amministrate rendendo il comunque oneroso costo del prodotto (0,74% il TER) insufficiente per rendere sostenibile nel tempo la sua commercializzazione.
E dire che le performance non sono state poi così tanto peggiori rispetto ad un altro ETF sulle infrastrutture, questa volta operativo su scala globale, sempre di iShares con masse però decisamente più consistenti e prossime al miliardo e mezzo di euro. A distanza di 5 anni, infatti, il differenziale di 5 punti percentuali (40% vs 35% di performance) non appariva tale da giustificare la disaffezione degli investitori.
ETF Infrastrutture: Xtrackers batte iShares
Attenzione però perché cambiando l’indice di riferimento i risultati cambierebbero. Infatti, Xtrackers S&P Global Infrastructure ha realizzato una performance doppia rispetto all’equivalente, geograficamente parlando, di iShares.
Con una discreta diversificazione settoriale tra utility, energetici, industriali e altri settori, ma anche geografica (la Cina aveva lo stesso peso di Kong Kong al 17%, ma consistente era anche la presenza delle borse del Golfo Persico), il sipario che cala su questo ETF emergente sulle infrastrutture potrebbe indirettamente essere un segnale da interpretare in ottica contrarian sull’intera tema obiettivamente deludente negli ultimi anni.
Xtrackers S&P Global Infrastructure: performance deludenti ma buona diversificazione
Riprendendo l’ETF di Xtrackers, più performante di quello di iShares, notiamo che negli ultimi 3 anni il divario rispetto ad iShares (negativo in questo arco temporale) è di 20 punti percentuali, ma il +30% è decisamente deludente rispetto al +55% di un semplice azionario globale.
Con un peso di 40% sulle società americane, l’ETF che investe in settori direttamente coinvolti nelle opere infrastrutturali come industriali, utilities e energetici, ha una diversificazione geografica più equilibrata rispetto ad un tradizionale azionario mondiale. Australia e Canada pesano rispettivamente per il 9% e il 7%, ma sono presenti anche paesi emergenti come il Messico con un peso del 8%. Da segnalare anche la Spagna con una percentuale simile.
Valutazioni neutrali per il settore, con un rapporto prezzo utili di 20 e di prezzo valore di libro di 2,2.
Infrastrutture che sono interessanti però per chi cerca alti dividendi visto che il rapporto dividend yield è del 3,7%.
In conclusione potremmo dire che la sottoperformance del settore delle infrastrutture è stata giustificata anche da politiche monetarie restrittive che hanno reso il costo dell’accesso al denaro più oneroso per società ad alto indebitamento. L’avvio di una politica di tagli nei tassi da parte della FED potrebbe riaccendere l’entusiasmo su un tema messo negli ultimi anni nel dimenticatoio rispetto ad altre temi a maggiore attrattività mediatica come l’AI, la difesa e le criptovalute.